mercoledì 14 ottobre 2015

Paradisi perduti.

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Non so da che parte cominciare, ma ho fretta di farlo ! Voglio tradurre un sogno in parole leggibili e trascinanti, ma non sarà facile. Il sogno, mi ha catapultata stanotte nella vasta cucina della nostra abitazione al tempo in cui frequentavo le medie. Questo locale era il cuore pulsante nel quale si dipanava a vita della nostra famiglia, con la presenza costante dei nonni paterni che vivevano stabilmente con noi da quando si erano trasferiti dalla toscana per avvicinarsi ai tre figli che vivevano a Brescia con le loro famiglie. Nonno Antonio, autorevole e saggio raccoglieva su vari quaderni, appunti e massime che citava nell’opportuna circostanza. Nonna Luigia, minuta e taciturna, sferruzzava da mattina a sera, confezionando magistralmente guanti e calzini di colori improponibili realizzati con lane di recupero. Il mi babbo che sapeva fare “di tutto” rilegava i libri che compravo usati e mamma stirava sul grande tavolo dove i consultavo curiosa, vocabolari e testi scolastici. E quando mia sorella piangeva, curva sul quaderno di matematica perché non riusciva a risolvere il problema proposto, ecco che nonno Antonio, perentorio declamava “ Cavallo che suda e donna piangolente, non van creduti in niente !” e io gli sorrideva facendo un complice occhiolino. Nonno Antonio aveva un debole per me e sono stata felice di averlo ritrovato stanotte, con la sua toscana ironia, col suo sguardo ironico e un po’ irriverente. In quella cucina, ho ritrovano un po’ dei miei sogni e delle mie speranze di fanciulla. Ed è stato bellissimo.


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