venerdì 4 ottobre 2013

C'era una volta - 4/a e 5/a puntata



4/a puntata Nei fine settimana del mese di ottobre, andavo con la nonna sulle colline dell’entroterra gardesano dove abitava, per approvvigionarci di quella legna leggera che serviva per accendere il camino. Nonna portava una borsina con una bottiglia d’acqua e del pane biscottato. Raccoglievamo anche legna di vigna e ne facevamo piccole fascine che lasciavamo in un posto segreto da dove il nonno le prelevava con la carriola. 

E in giornate fredde come queste, la nonna usava un po’ di quella legna per scaldare il latte della colazione che io facevo, sempre avida e felice. Ma, talvolta dal pentolino posato sul trepiede di ferro sulla fiamma nel camino, il latte “andava di sopra” e quell’odore che oggi mi sembra profumo, disturbava la nonna, e mi faceva scoppiare in allegre risate. Oggi nella moderna cucina linda io, nonna a mia volta, ripenso al tempo andato di cui ricordo il sereno scorrere… fino a quel maledetto 1940 che ci ha trascinati nell’orrore e nella paura.

E intanto i ricordi tornano anche al mondo del lavoro perché ho omesso di raccontare che alla fine della terza media, prima di presentarmi al commercialista di cui vi ho narrato, ho lavorato un paio di mesi presso la responsabile di un Ufficio Postale periferico. Era stata la mamma a darsi da fare per offrirmi questa opportunità perché, ambiva al posto sicuro, alla garanzia dello stipendio e preferiva non dover augurare lunga vita al mio datore di lavoro. Insomma, mirava al posto statale,ma alla fine del primo mese di lavoro – mentre le impiegate ritiravano lo stipendio, a me venne fatta una carezza : “Tu lo sai vero che sei qui perché ho voluto compiacere la tua mamma,  e sai anche che imparare un lavoro è un evento di cui profittare con gioia. Se tra tre mesi avrai assorbito bene il lavoro, metterò una buona parola per la tua assunzione.” Non mi ripresentai più al lavoro e fu un dolore per la mia mamma.
 

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5/a puntata

Nella nostra bellissima Piazza Duomo in Brescia aprì, nel dopoguerra, la velocemente rinomata gelateria Pragiarone. La gelateria era uno dei lussi che andavano a sostituire il furgoncino con l’uomo che gridava “GELAT!”. Non frequentatissimo all’inizio,  ricordo che eccezionalmente io e il mio giovane fidanzato vi abbiamo gioiosamente sostato. I tavolini erano quadrati, non grandi e di marmo e il gelato veniva servito il conchiglie di porcellana bianchissina, caratteristiche. Non so perché ne parlo oggi, ma credo sia perché rimpiango i negozi e i negozianti che nel tempo e nella frequentazione, diventavano ottimi conoscenti e, talvolta, amici.

Il fornaio che spandeva il buon profumo del pane appena sfornato, fin sulla strada; Il fruttivendolo che capitava mi dicesse: “Signora, ho ordinato i tapinambur , me li portano domani. Gliene tengo un po’?”(ricordando fin dalla stagione precedente che ne ero golosa) La drogheria, con i grandi vasi di leccornìe e di rare specialità e la merceria dove trovavi di tutto per ricamare, per confezionare e per rammendare perché amici miei UDITE UDITE c’ stato un tempo in cui si rammendava ! Incroyable, mais c’esta ça.

Si rimagliavano perfino le prime, lucidissime calze di naylon. L’amica che le rimagliava in casa per racimolare qualche spicciolo era anche espertissima a mettere (negli anni di guerra e fino al 1947 e successivi) le toppe sui pantaloni e sostituiva i battitacchi che riparavano dall’usura i pantaloni stessi contro le scarpe. Erano gli stessi anni in cui la Vespa e la Lambretta davano un senso di potenza e rendevano percorribili le strade del mondo ! Era la stagione dei miei, comunque meravigliosi vent’anni. Ho fatto il giro delle Dolomiti in Vespa e mai più tour è stato così affascinante. ………….
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