giovedì 4 febbraio 2010

Il lettone della zia Isabella.

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Giornale di Brescia del 3 febbraio 2010

Vivevo a Brescia con la mia famiglia, ma le mie vacanze estive, premio del buon andamento scolastico di bambina diligente, si realizzavano in cascina dalla mia zia Isabella.

Quella cascina, nell’entroterra del Lago di Garda, rappresentava per me …..IL MONDO. Diciotto famiglie e un numero indefinito di bambini, scalzi, nemmeno tanto puliti che razzolavano nell’aia, nel cortile e nelle vigne adiacenti assieme a galline, cani, col pavone e le oche. Entravamo liberamente nelle stalle e assistevamo alla mungitura. I più grandicelli potevano assistere al parto degli animali, allo scopo di “dare una mano”. E L’esperienza si traduceva in una concreta educazione sessuale.

Ma stamattina, il mio pensiero è tornato al lettone della camera nuziale della zia Isabella. Quel lettone, che mi pareva immenso, troneggiava nella modesta camera dal pavimento scricchiolante di levigate assi di legno. La stanza, con piccole finestre ornate da tendine bianchissime e linde, era spoglia. Un lavabo, una sedia, un armadio piccolo a due sole ante e il lettone.

Candido, con cuscini rigonfi, con la pesante coperta di cotone bianco, realizzata dalla sognante zia Isabella che l’aveva portata in dote. Quattro materassi di pura lana soffice alzavano ulteriormente quel letto già imponente. Dopo un sommario lavaggio serale nel cortile della cascina, venivo presa in braccio dalla zia Isabella che mi buttava (letteralmente) al centro di quel letto sul quale non avrei potuto salire da sola, all’epoca.

Più avanti nel tempo avevo imparato a prendere la rincorsa per conquistare quella soffice montagna di nitido biancore. Le ruvide lenzuola tessute in casa , profumavano di lavanda , la zia dormiva al mio fianco e, nel dormiveglia, mi teneva la mano. Poi, il nulla beato, finché il canto del gallo annunciava il nuovo giorno.

Finite le scuole medie mi sono trovata a dover assolvere altri compiti. Ma questa è tutta un’altra storia.

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Questa mattina, i ricordi hanno trasformato in un dolce sorriso la smorfia di un dolore che non ho potuto evitare. La fitta alla schiena mentre mi chinavo per riassettare il mio lettuccio basso, ormai singolo mi ha costretto ad una sosta. Mi sono seduta per un breve intervallo e molte decine di anni del mio tempo sono spariti per riportarmi alla fanciullezza e alle mie indimenticabili vacanze in quella vastissima casa tra i canneti. Lo Scharm el Scheik del tempo di guerra.

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6 commenti:

riri ha detto...

Ciao muccina, i ricordi dolci come i tuoi fanno bene e sembrano arrivare quando se ne ha più bisogno, un attimo, un piccolo dolore ed ecco che ci viene in mente qualcosa che fa ancora sorridere, come la tua cascina che per tanti versi mi ricorda quella di un vicino di casa, che quando ci invitava..era una festa:-))
Baci

Cindry ha detto...

Bellissimi ricordi, raccontati in un modo che mi piace molto! Per certi versi sono simili alle mie estati in campeggio.
E' strano come i ricordi più belli che uno ha siano spesso le cose più semplici del mondo.

Romano Scaramuzzino ha detto...

Bei ricordi. Ormai è tutto, o quasi tutto, cambiato. Nel bene e nel male.

Saluti

Renata ha detto...

RIRI e CINDRY - grazie, temo sempre che i miei ricordi suscitino poco interesse, invece le vostre parole a alcune telefonate dai lettori del Giornale di Brescia, mi rincuorano veramente. Grazie. Due abbraccioni
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ROMANO, vero, ma quello che non cambierà mai ed è valido per ognuno di noi è il patrimonio che si accumula fin dall'infanzia. E il rimpianto è per la nostra giovinezza.
Buona serata.

Luigina ha detto...

Muccina spero che il "colpo della strega" sia passato. Il tuo bel racconto riporta anche me ai giorni spensierati della mia fanciullezza, quando trascorrevo le vacanze dai miei nonni materni e paterni, che avevano i materassi e i cuscini imbottiti di piume dei vari gallinacei la cui carne aveva allietato nel corso degli anni le loro tavole. La cosa più divertente era tuffarsi dentro fin quasi a scomparire appena la nonna li aveva sprimacciati e gonfiati a dovere, prima che mettesse le lenzuola e le coperte. Mi lasciava pazientemente " nuotare"in questo mare di morbidezza per qualche minuto con un sorriso pieno d'affetto e di tenerezza poi mi apostrofava divertita con un " ghét finìt?" che non ammetteva repliche, ma nello stesso tempo era una promessa per il giorno dopo. Grazie !

Renata ha detto...

LUIGINA, pare che abbiamo ricordi comuni non ostante ci separino varie decine d'anni.
E anche, che appreziamo quell'aria semplice che ha segnato il nostro percorso.
Sono contenta di averti riportato ai tuoi salti sul lettone. buona nanna.