lunedì 28 marzo 2016

Il sano rito della polenta !

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Giornale di Brescia del 27 marzo 2016
Block notes di renata mucci

Il sano rito della polenta 

Ricordo i risvegli al canto del gallo e al vociare degli uomini che accudivano il bestiame o andavano al lavoro nei campi. Mentre e donne si dedicavano all’accudimento dei figli e dei nonni che, al tempo, vivevano in famiglia fino al loro ultimo respiro. Si dedicavano alla pulizia della casa riservando un bel margine di tempo per cucinare.
Il camino veniva acceso d’estate e in inverno per cuocere la polenta, alimento quotidiano, immancabile e sempre gradito. Alla catena nel focolare veniva appeso il paiolo con l‘acqua salata e a seguire, veniva versata la farina gialla per essere rimestata con la lunga canna di legno per non meno di quarantacinque minuti.
Attualmente la polenta, cotta sul gas, nel più breve tempo possibile, viene servita morbida e a cucchiaiate/, ma allora era tutta un’altra musica ! Le donne erano espertissime nel rovesciare sul tagliere la polenta che si presentava sufficientemente soda per essere affettata con una filo bianco nuovo ogni volta. Una bella fetta di polenta era già di per sé sufficiente a sfamarci, ma era quasi sempre completata da un uovo al burro o da un pezzo di formaggio o più frequentemente da qualcosa in umido come fagioli, patate e qualche volta, raramente, carne.  Gli ossi buchi, lo spezzatino e il cappello da prete/, il filetto e i tagli pregiati, oggi abitualmente consumati, sono arrivati molto anni dopo sulle nostre mense. L‘alimentazione era essenziale e sana e privilegiava le verdure che trionfavano convertite in saporiti minestroni oppure con i legumi e cereali in umido. Altri tempi che, a chi non li ha vissuti sembrano primordiali e lontanissimi, ma che ai pochi superstiti della mia generazione sono rimasti eloquenti nel cuore. remucci@ alice.it


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