lunedì 3 gennaio 2011

”“Nessuno può farti soffrire, senza il tuo consenso.”

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“Nessuno può farti soffrire, senza il tuo consenso.”

Questo monito ha occupato i miei pensieri, alla ricerca del significato concreto di un atteggiamento che mi piace considerare una conquista. Colgo così una prima verità.

Frequentemente, è la nostra suscettibilità a procurarci sofferenza. E, anche, la nostra apatia che ci porta a subire comportamenti sgradevoli da parte del partner, del collega o di qualche maldestro interlocutore. Rifiutare turbative che pervengono “dall’esterno” è veramente affar nostro.

Altre interpretazioni ?

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8 commenti:

umberto ha detto...

Mi interessa conoscere da chi hai preso questa affermazione: la ritengo totalmente errata. Poi mi spiegherò meglio (per ora basta considerare che la "sofferenza" ha proprio questa "natura", altrimenti non potrebbe costituire un problema. L'autodomino,la superiorità auspicata nella tua riflessione, riguarda altra cosa: l'esternazione. Ma anche questa ha - o potrebbe avere- un valore positivo).

Renata ha detto...

Salve Umberto E buon anno.Nel vago ricordo riemerge un concetto diverso che recita
"Nessuno può farti sentire inferiore, senza il tuo consenso."

Ma se il ricordo è nitido, ci sarebbe da dissertare per ore. Es.nei campi di concentramento ci riuscivano, e come che ci riuscivano. Ogni verità ha le sue sfumature.

Nella mia frase,il concetto è riferito alla sofferenza dovuta a suscettibilità o permalosità.

Comunque non intendevo assolutamente riferirmi all'esternazione della sofferenza, ma all'interiorità del dolore.

E' tuo diritto non condividere, ma non puoi drasticamente censurare una diversa interpretazione.

umberto ha detto...

Il mio intervento è stato immediato non perchè fossi spinto da spirito di 'contraddizione' ( o censura), ma perchè ho trovato l'affermazione,nel suo significato immediato, esattamente all'opposto delle mie convinzioni. Stando alla lettera: nessuno può farti soffrire... Invece, proprio perchè le "relazioni con l' "altro" sono fondamentali per la vita di tutti, la vera sofferenza è quella che dipende - causata - dall'altro ( tu realizzi del bene (il bene) con l'altro, e l'altro non si comporta allo stesso livello). Diverso è il discorso del...farti sentire inferiore ( quando tu soffri è proprio l'opposto: senti di essere superiore all'altro che ti "offende"). Penso di aver chiarito: forse c'è l'esigenza,nel mio richiamo, di riflettere su quanto devastante sia il male che si provoca nel far soffrire l'altro ( chi non lo avverte manca di sensibilità,la cui assenza è forse anche frutto di inadeguata educazione ricevuta). Prima contraccambio gli auguri,poi pongo una domanda: se hai avuto l'impressione che la mia fosse una censura, non ne hai sofferto? E allora? Il problema si complica: si può far 'soffrire' anche senza accorgersene. Come insegnante,temporibus illis, mi ponevo sempre questo problema verso il "mio" studente che mi stava di fronte. Scusa la lunghezza (avevo promesso di spiegarmi meglio).

Renata ha detto...

O.K. RICEVUTO !
Però aggiungo che,le mie piccole conquiste mi consentono una spontanea "legittima difesa" attivando una minore vulnerabilità.

In concreto se incontro un cafone, so che è lui che ha un problemae io cerco di non risentire dei suoi comportamenti.

Questo ho inteso dire affermando che "nessuno può farmi soffrire, senza il mio consenso."
Semplicemente questo. Buona dolce serata, caro Umberto.

Nicolanondoc ha detto...

Potrebbero i miei omaggi a questo anno non creare nessun conflitto interiore ?
Un abbraccio forte Muccina

Lucignolo ha detto...

Direi quantomeno non lungamente...
Non se accettiamo di ricercare le motivazioni di ciò che innesca la nostra sofferenza. Sono d'accordo con l'idea di massima che se rielaboriamo compiutamente le nostre reazioni, possiamo migliorare la misura nel patire in cambio di una più ampia comprensione personale e compartecipazione con l'altro.

Dalla mia limitata ottica ritengo che lo squilibrio nella profusione di impegno e mezzi e/o l'offesa rispetto ad un presunto cetus o status, siano marginalità... tenderei in questi casi a relegare la sofferenza come semplice inadeguatezza nella piramide dei valori spirituali ed emotivi.

Resta sullo sfondo uno spartiacque, una idea secondo cui le ragioni dei nostri moti d'animo dipendano più dagli eventi esterni e da comportamenti degli altri,
opposta all'altra idea per cui molto più determinanti sono gli eventi interni alla persona stessa.

Meglio sarà per chi raccolga coscienza di tanta parte del proprio reagire e di come dipenda dal proprio collocarsi.


Bye!

Renata ha detto...

Ciao NICOLA, graditi gli auguri che ricambio con tutto il cuore ! Un abbraccione.

Renata ha detto...

Ciao LUCIGNOLO. Colgo e condivido il messaggio.Invocando, anche, unvenatura di leggerezza positiva e sorridente.
renatuzza