venerdì 23 giugno 2017

Ritorno in cascina.

---------------------------------
 Tornavo in Cascina il fine settimana e “La cà de Cané” la Casa tra i canneti mi sembrava ancora più accogliente. A Brescia i bombardamenti erano continui e scarseggiava tutto. Si viveva nella paura, ma in cascina, quell’autonomia che in tempi normali poteva sembrare carente dava – nella tragica situazione di quegli anni – l’idea del privilegio. 

Lì c’era ancora il pane, la polenta, si poteva sacrificare qualche gallina, c’era il latte, c’erano le uova e frutta e verdura come in tempi normali. E la notte ci si poteva spogliare per andare a letto, senza dover rimanere pronti a scappare nei rifugi. Si sentiva però il deflagrare delle bombe sulla città e quel sollievo dalla fame, non fugava l’angoscia. Le automobili erano poche e quasi tutte utilizzate dai militari perché quelle poche di proprietà privata erano state tutte requisite. 

Anche molte case di lusso, belle villette erano state requisite per alloggiare gli alti papaveri, e gli alti gradi militari. Con l’entrata in vigore delle folli leggi raziali molti italianissimi ebrei erano stati deportati. Era il tempo dell’oro alla Patria, delle cancellate di ferro divelte perché anche il ferro serviva. Era il tempo della Repubblica di Salò, di rappresaglie, retate, mitragliamenti, smembramenti familiari. Nella stessa famiglia un giovane aderiva alla Repubblica e l’altro combatteva a suo modo in montagna. Lacerazioni di ogni genere, tempi di quotidiano terrore.


Io vedo la guerra incarnata in un enorme, gigantesco mostro senza occhi con mille braccia e mumerosi grandi piedi che schiacciano tutti noi improvvisati bonsai d’uomo che fuggono terrorizzati con in braccio i loro cuccioli e inciampano e soccombono  senza scampo. Maledetta guerra e stra/maledetti tutti coloro che – al riparo – costringono altri a subirla. 
--------------------------------------

Nessun commento: