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Ho sempre trascorso le vacanze scolastiche e il tempo libero, dai 9 ai
17 anni IN CASCINA nell’entroterra del lago di Garda, dalla mia zia
Isabella. Là è avvenuta la mia educazione sessuale dovuta
all’osservazione degli animali che andavano in calore, si accoppiavano,
fino ad arrivare al parto e all’allattamento in tutto il ciclo vitale. E
nulla mi stupiva.
Io e Daria, una delle figlie dei contadini passavamo ore a guardare i bachi da seta che si nutrivano di freshe
foglie di gelso poi, andavamo per more tra i rovi che costeggiavano il
fiume Chiese dalle acque limpide, gelide e saltellanti tra i sassi.
Nonno Momolo pescava trote nel fiume Chiese mentre noi ci arrampicavamo
sulle scale a pioli appoggiate agli alberi di ciliegio per gustare i
duroni che erano gustosissimi chiari e rosei.
Raccoglievamo fichi, quelli bianchi di modeste proporzioni che sapevano di ruvido miele. Cinque o sei fichi e un panino costituivano una colazione da re.
Raccoglievamo fichi, quelli bianchi di modeste proporzioni che sapevano di ruvido miele. Cinque o sei fichi e un panino costituivano una colazione da re.
Giornate piene di gioia, di nuovi interessi, di appaganti scoperte
riferite ai doni che la natura elargiva a piene mani. Mi svegliavo
davvero al canto del gallo tra quelle lenzuola di tela ruvida tessuta in
casa che profumava di lavanda e sentivo subito il prepotente appetito
che mi spingeva a gustare – già in attesa sul tavolo della vasta cucina -
latte e caffè d’orzo col buon pane fatto nel forno sotto il portico.
Pane freschissimo, ancora caldo e odoroso che - negli anni in cui il
pane scarseggiava in città – era meglio della più deliziosa brioche.
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