Giornale di Brescia 07 settembre 2009
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Ogni anno, in giorno qualsiasi tra i primi quindici del mese settembre, si inserisce il primo giorno di scuola. Un evento che mi coinvolge con immutabile emozionante partecipazione.
A Brescia, nelle adiacenze di un parco, in un viale fiancheggiato da vigorosi pini marittimi hanno sede l’asilo, la scuola elementare e la scuola media inferiore. Forse, un magico, prestigioso pennello riuscirebbe a fissare il contesto sfaccettato, intrigante e indescrivibile che prende forma davanti al mio sguardo avido. Ma il quadro dovrebbe essere corredato dal sonoro perché rumori e immagine sono inscindibili.
I più piccini, incuriositi o riluttanti con la manina fiduciosamente affidata a quella di un adulto, scrutano i coetanei con espressione attenta. I bambini che hanno già frequentato l’asilo del luogo, manifestano un gioioso affiatamento riconoscendo l’amico, scuro di pelle accompagnato dalla mamma avvolta nei veli colorati che la distinguono. Alcuni evidentemente asiatici, altri neri di pelle, con i nostri si avviano assieme alla conoscenza e all’istruzione con l’ingenuità che correda l’infantile fiduciosa attesa.
I più composti, quasi timorosi, sono gli iscritti alla prima elementare mentre quelli degli anni successivi ostentano indifferenza. Verso il fondo del viale gli studenti delle medie, chiassosi e molto vivaci giocano e si raccontano. Non hanno timori, conoscono già il mondo...loro!
Rumori e voci scomposte connotano vivacemente l’evento, ma – ad un tratto - improvviso....il viale ripiomba nel silenzio.
La campanella ha richiamato questa frotta di bimbi e ragazzini all’interno degli edifici scolastici risucchiando l’assordante cinguettio. La strada torna deserta e le mamme si allontanano. Alcune parlottano tra loro e altre di corsa si dirigono verso le autovetture con il cellulare già attivo.
Io ritrovo la percezione della mia ormai solitaria presenza e rivolgo emozioni e pensieri verso la realtà. Perché e in nome di cosa, roviniamo noi adulti la spontaneità dei giovani. Loro non percepisco diversità alcuna tra le diverse provenienze territoriali. Se provano un vago senso di cautela è soltanto perché se lo portano da casa, perché partono prevenuti.
Mi risuonano nell’anima le parole del grande M. Luther King che recitano “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato l’arte di vivere come fratelli.” Ma io che interrompo con gioia la mia abituale passeggiata mattutina e guardo ogni anno gli uomini di domani, sorrido e continuo caparbiamente a sperare.
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