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Dubitare di sé è un chiaro segno d'intelligenza !
Un arguto corrispondente mi segnala, nei commenti un diverso modo di esprimere lo stesso concetto. Merita ampia divulgazione quindi, eccolo :
Non dubitare di se' è un chiaro segno di arroganza e miopia intellettuale !
sabato 31 maggio 2008
venerdì 30 maggio 2008
Di quale bellezza vogliamo parlare ?
Pubblicato dal Giornale di Brescia il 3 giugno 2008
Pubblicato da Bresciaoggi il giorno 8 giugno 2008
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E’ vero, l’aspetto fisico ha importanza, ma credo sia inopportuno considerarlo il valore predominante, dedicando - anche in video - approfondimenti sulla chirurgia estetica che possono rivelarsi diseducativi. Intanto perché invitano a presumere che tutto sia disinvoltamente risolvibile e,in subordine perché raramente sottolineano la percentuale di rischio doverosamente ipotizzabile in qualsiasi intervento chirurgico.
Dovremmo invece addestrarci a ritenere l’esteriorità un valore coadiuvante, dal quale si può anche ragionevolmente prescindere. Migliorarci interiormente é traguardo certamente più impegnativo, ma alla lunga più gratificante. Valorizzare ciò che non è soggetto agli insulti del tempo sarebbe indubbiamente più positivo.
Perché non proporre modelli di robustezza interiore che aiutino ad affrontare le inevitabili avversità? Perché non orientiamo le finalità dei nostri ragazzi verso la capacità di risollevarsi dopo una caduta, addestrandoli a ricominciare dopo le delusioni, a riprendere in mano il futuro dopo una sconfitta?
Lo sconcerto e l’angoscia si insinuano profondamente nell’animo quando leggiamo – ormai troppo frequentemente – che alcuni giovani, apparentemente normali, arrivano al suicidio o al delitto, perché non reggono le inevitabili delusioni e le avversità che fanno parte di qualsiasi percorso.
Famiglia, scuola e i mezzi di divulgazione sono corresponsabili del nostro divenire e dovrebbero, in ogni occasione, proporre orientamenti validi. Non sarà certamente un bel seno, un nasino perfetto o dei glutei ben modellati che miglioreranno davvero noi stessi e la società.
Rendiamoli più forti i nostri giovani, rendiamoli consapevoli, orientando i loro sguardi verso modelli stimabili. Aiutiamoli veramente, allenandoli a conquistare con la tenacia traguardi duraturi.
Alcuni discutibili programmi televisivi orientano verso un traguardo di armonia estetica non sempre raggiungibile e quando il video si spegne, rimane la vita reale, la nostra, quella che dobbiamo affrontare con coraggio. Non è facile ma, in concreto, sempre possibile. r.m.
Pubblicato da Bresciaoggi il giorno 8 giugno 2008
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E’ vero, l’aspetto fisico ha importanza, ma credo sia inopportuno considerarlo il valore predominante, dedicando - anche in video - approfondimenti sulla chirurgia estetica che possono rivelarsi diseducativi. Intanto perché invitano a presumere che tutto sia disinvoltamente risolvibile e,in subordine perché raramente sottolineano la percentuale di rischio doverosamente ipotizzabile in qualsiasi intervento chirurgico.
Dovremmo invece addestrarci a ritenere l’esteriorità un valore coadiuvante, dal quale si può anche ragionevolmente prescindere. Migliorarci interiormente é traguardo certamente più impegnativo, ma alla lunga più gratificante. Valorizzare ciò che non è soggetto agli insulti del tempo sarebbe indubbiamente più positivo.
Perché non proporre modelli di robustezza interiore che aiutino ad affrontare le inevitabili avversità? Perché non orientiamo le finalità dei nostri ragazzi verso la capacità di risollevarsi dopo una caduta, addestrandoli a ricominciare dopo le delusioni, a riprendere in mano il futuro dopo una sconfitta?
Lo sconcerto e l’angoscia si insinuano profondamente nell’animo quando leggiamo – ormai troppo frequentemente – che alcuni giovani, apparentemente normali, arrivano al suicidio o al delitto, perché non reggono le inevitabili delusioni e le avversità che fanno parte di qualsiasi percorso.
Famiglia, scuola e i mezzi di divulgazione sono corresponsabili del nostro divenire e dovrebbero, in ogni occasione, proporre orientamenti validi. Non sarà certamente un bel seno, un nasino perfetto o dei glutei ben modellati che miglioreranno davvero noi stessi e la società.
Rendiamoli più forti i nostri giovani, rendiamoli consapevoli, orientando i loro sguardi verso modelli stimabili. Aiutiamoli veramente, allenandoli a conquistare con la tenacia traguardi duraturi.
Alcuni discutibili programmi televisivi orientano verso un traguardo di armonia estetica non sempre raggiungibile e quando il video si spegne, rimane la vita reale, la nostra, quella che dobbiamo affrontare con coraggio. Non è facile ma, in concreto, sempre possibile. r.m.
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giovedì 29 maggio 2008
Confidenziale.
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Confesso!
C'è un uomo nella mia vita, davanti al quale perdo ogni capacità di reazione. Mi sono recata trepidante da lui ieri mattina e mi ha colto - stanotte - il desidero parlarvene. Il suo sguardo non cerca il mio ma, sento che la sua attenzione per me è totale. Lo osservo inquieta ma, mi affido con fiducia alle sue mai esperte e aspetto con ansia indicibile che lui mi sussurri le sole due parole che mi rivolgerà : "Si sciacqui". E' in mio dentista!
Confesso!
C'è un uomo nella mia vita, davanti al quale perdo ogni capacità di reazione. Mi sono recata trepidante da lui ieri mattina e mi ha colto - stanotte - il desidero parlarvene. Il suo sguardo non cerca il mio ma, sento che la sua attenzione per me è totale. Lo osservo inquieta ma, mi affido con fiducia alle sue mai esperte e aspetto con ansia indicibile che lui mi sussurri le sole due parole che mi rivolgerà : "Si sciacqui". E' in mio dentista!
mercoledì 28 maggio 2008
Quelle clementine sono un segnale.
Giornale di Brescia 24 gennaio 2006
Bresciaoggi........ 10 febbraio 2006
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Davanti alla bancarella della frutta aspetto il mio turno mentre una giovane signora procede nei suoi acquisti e ad un certo punto esclama: ”Le clementine!. Me ne dia due chili. Ieri, non ricordo il peso ma, erano dodici e mio figlio (aggiunge divertita) se le è mangiate tutte senza che me ne accorgessi. Oggi spero di mangiarne un po’ anch’io. Faccia due chili per favore”
Sorridendo chiedo “Quanti anni ha suo figlio?” “Sette”. La signora rimonta in macchina ridendo e in me affiorano le ormai consuete considerazioni. Che bel lavoro educativo ha compiuto la signora in sette anni se il ragazzetto si permette di “far fuori” ciò che la mamma ha acquistato senza che gli sfiori il sospetto che anche gli altri membri della famiglia desiderino fruirne!
Certamente quasi tutto ciò che ha connotato la mia lontana fanciullezza è oggi disatteso e considerato superato perchè “i tempi sono cambiati”, ma a mio avviso, si sono anche parzialmente deteriorati. Naturalmente la questione clementine é pretestuosa, ma mi serve per formulare una domanda : è proprio positivo che un bimbo si gestisca in modo autonomo in ogni anche banale circostanza?
Penso che a sette anni sia già un po’ tardi per addestrare un figlio all’altruismo, e abituarlo a rivolgere alla mamma un doveroso “posso?”ma guardando ai suoi anni a venire - inevitabilmente improntati a considerare prioritaria ogni esigenza personale - provo una certa amarezza.
E ancora mi interrogo su cosa c’è di superato nell’impegno che la mia famiglia e io stessa ho posto in essere con un po’ di fermezza e calibrata severità? Alla prima, velata dimostrazione di egoismo, quello dell’età infantile che porta ad affermare con decisione già nell’àmbito del gioco :“E’ mio!” l’intervento potrebbe essere mirato ad instaurare nell’animo infantile il piacere della condivisione, dell’altruismo.
La famiglia, che rimane la fonte primaria nella formazione dell’individuo, si esprime proprio nella quotidianità e non avrei trovato né banale né superato un atteggiamento risentito da parte della mamma sulla questione delle clementine. Tra le braccia di ogni mamma, in seno ad ogni famiglia c’è una particella della società di domani.Sono i nostri figli! Cosa c’è di superato nel volerli consapevoli, forti e responsabili? r.m.
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Bresciaoggi........ 10 febbraio 2006
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Davanti alla bancarella della frutta aspetto il mio turno mentre una giovane signora procede nei suoi acquisti e ad un certo punto esclama: ”Le clementine!. Me ne dia due chili. Ieri, non ricordo il peso ma, erano dodici e mio figlio (aggiunge divertita) se le è mangiate tutte senza che me ne accorgessi. Oggi spero di mangiarne un po’ anch’io. Faccia due chili per favore”
Sorridendo chiedo “Quanti anni ha suo figlio?” “Sette”. La signora rimonta in macchina ridendo e in me affiorano le ormai consuete considerazioni. Che bel lavoro educativo ha compiuto la signora in sette anni se il ragazzetto si permette di “far fuori” ciò che la mamma ha acquistato senza che gli sfiori il sospetto che anche gli altri membri della famiglia desiderino fruirne!
Certamente quasi tutto ciò che ha connotato la mia lontana fanciullezza è oggi disatteso e considerato superato perchè “i tempi sono cambiati”, ma a mio avviso, si sono anche parzialmente deteriorati. Naturalmente la questione clementine é pretestuosa, ma mi serve per formulare una domanda : è proprio positivo che un bimbo si gestisca in modo autonomo in ogni anche banale circostanza?
Penso che a sette anni sia già un po’ tardi per addestrare un figlio all’altruismo, e abituarlo a rivolgere alla mamma un doveroso “posso?”ma guardando ai suoi anni a venire - inevitabilmente improntati a considerare prioritaria ogni esigenza personale - provo una certa amarezza.
E ancora mi interrogo su cosa c’è di superato nell’impegno che la mia famiglia e io stessa ho posto in essere con un po’ di fermezza e calibrata severità? Alla prima, velata dimostrazione di egoismo, quello dell’età infantile che porta ad affermare con decisione già nell’àmbito del gioco :“E’ mio!” l’intervento potrebbe essere mirato ad instaurare nell’animo infantile il piacere della condivisione, dell’altruismo.
La famiglia, che rimane la fonte primaria nella formazione dell’individuo, si esprime proprio nella quotidianità e non avrei trovato né banale né superato un atteggiamento risentito da parte della mamma sulla questione delle clementine. Tra le braccia di ogni mamma, in seno ad ogni famiglia c’è una particella della società di domani.Sono i nostri figli! Cosa c’è di superato nel volerli consapevoli, forti e responsabili? r.m.
martedì 27 maggio 2008
Buon giorno !
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L'infantile serenata,ve la dedica Renata!
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Sulle ali della brezza
mille baci e una carezza
che vi portano il mio affetto
mentre siete ancora a letto.
Anch'io, torno ai mie cuscini,
ma vi tengo a me vicini.
Mentre a letto me ne torno
vi sussurro già “buon giorno”!
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L'infantile serenata,ve la dedica Renata!
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Sulle ali della brezza
mille baci e una carezza
che vi portano il mio affetto
mentre siete ancora a letto.
Anch'io, torno ai mie cuscini,
ma vi tengo a me vicini.
Mentre a letto me ne torno
vi sussurro già “buon giorno”!
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domenica 25 maggio 2008
Quando la parola "bamboccione" non esisteva.
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Corriere della Sera 30 gennaio 2004 “La testimonianza”
Brescia Oggi 12 gennaio 2004 titolo “Le lezioni della vita”
Giornale di Brescia 12 gennaio 2004 titolo “Il privilegio di lavorare”
Corriere della Sera 30 gennaio 2004 “La testimonianza”
Brescia Oggi 12 gennaio 2004 titolo “Le lezioni della vita”
Giornale di Brescia 12 gennaio 2004 titolo “Il privilegio di lavorare”
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Ho avuto il privilegio di lavorare sempre - nonostante tutto - con gioia forse perché, un diverso contesto generazionale, mi ha costretto ad affrontare subito, circostanze fortemente deludenti. Avevo 14 anni quando la mia mamma, mi ha messo davanti a precoci responsabilità: “Hai il diploma di terza media e puoi lavorare. Sai che è necessario anche il tuo contributo e mi spiace perché so cosa vorresti, ma la vita è anche questo.”
Non mi ha abbracciato, non ha indorato la pillola. Avevo già intuito questa realtà, ma io coltivavo diversi, appassionanti interessi, volevo conoscere, mi sentivo spronata a dare di più, leggevo moltissimo, volevo studiare. L’ho fatto in seguito, rubando tempo al riposo ma,le lacrime di quella notte bruciarono a lungo.
Ho cominciato il mio apprendistato (che si è rivelato utilissimo) presso un commercialista facendo un lavoro che non mi piaceva, ma al termine del primo mese di lavoro……. stringevo tra le mani la mia dignità, la mia indipendenza, il mio contributo al benessere della famiglia :
il mio primo stipendio!
Forse è così che si è mantenuto sereno il mio lungo percorso lavorativo, saldamente ancorato all’impegno, alla disponibilità e alla fiducia nella mia possibilità di essere autonoma, anche se non sono mancate delusioni e difficoltà. Molte persone mi hanno sfiorato… diverse, stimabili, mediocri, autorevoli, alcune ambigue, insignificanti, in qualche raro caso anche biasimevoli, però contribuirono tutte, alla mia formazione.
Sono stata fortunata perché non ho mai dovuto abdicare ai miei principi, ed ho raccolto alternativamente stima, ingratitudine, stupida cattiveria, affetto, insomma un po’ di tutto quello che passa il convento! Dopo essermi assestata nella conduzione di una associazione nella quale ho svolto pratiche fiscali, sindacali e di legislazione settoriale,non ho più sentito il bisogno di cambiare perché credo che in ogni prato ci sia la gramigna e che in ogni prato si può trovare un fiore.
Chi si sente di voltare pagina, troverà pascoli più fertili solo se i suoi occhi sapranno vederli, se le sue mani saranno pronte a coglierne i frutti e se le sue capacità li manterranno produttivi.
Certo sarebbe gratificante un mondo di lavoro e di vita che rendesse facile l’approccio con gli altri ma, quasi sempre, in concreto, si è costretti ad attenersi a ciò che afferma un saggio mònito :
"Se ti metti in gioco guarda le tue carte, perché con quelle devi giocare!" Al meglio….s’intende. r.m.
Ho avuto il privilegio di lavorare sempre - nonostante tutto - con gioia forse perché, un diverso contesto generazionale, mi ha costretto ad affrontare subito, circostanze fortemente deludenti. Avevo 14 anni quando la mia mamma, mi ha messo davanti a precoci responsabilità: “Hai il diploma di terza media e puoi lavorare. Sai che è necessario anche il tuo contributo e mi spiace perché so cosa vorresti, ma la vita è anche questo.”
Non mi ha abbracciato, non ha indorato la pillola. Avevo già intuito questa realtà, ma io coltivavo diversi, appassionanti interessi, volevo conoscere, mi sentivo spronata a dare di più, leggevo moltissimo, volevo studiare. L’ho fatto in seguito, rubando tempo al riposo ma,le lacrime di quella notte bruciarono a lungo.
Ho cominciato il mio apprendistato (che si è rivelato utilissimo) presso un commercialista facendo un lavoro che non mi piaceva, ma al termine del primo mese di lavoro……. stringevo tra le mani la mia dignità, la mia indipendenza, il mio contributo al benessere della famiglia :
il mio primo stipendio!
Forse è così che si è mantenuto sereno il mio lungo percorso lavorativo, saldamente ancorato all’impegno, alla disponibilità e alla fiducia nella mia possibilità di essere autonoma, anche se non sono mancate delusioni e difficoltà. Molte persone mi hanno sfiorato… diverse, stimabili, mediocri, autorevoli, alcune ambigue, insignificanti, in qualche raro caso anche biasimevoli, però contribuirono tutte, alla mia formazione.
Sono stata fortunata perché non ho mai dovuto abdicare ai miei principi, ed ho raccolto alternativamente stima, ingratitudine, stupida cattiveria, affetto, insomma un po’ di tutto quello che passa il convento! Dopo essermi assestata nella conduzione di una associazione nella quale ho svolto pratiche fiscali, sindacali e di legislazione settoriale,non ho più sentito il bisogno di cambiare perché credo che in ogni prato ci sia la gramigna e che in ogni prato si può trovare un fiore.
Chi si sente di voltare pagina, troverà pascoli più fertili solo se i suoi occhi sapranno vederli, se le sue mani saranno pronte a coglierne i frutti e se le sue capacità li manterranno produttivi.
Certo sarebbe gratificante un mondo di lavoro e di vita che rendesse facile l’approccio con gli altri ma, quasi sempre, in concreto, si è costretti ad attenersi a ciò che afferma un saggio mònito :
"Se ti metti in gioco guarda le tue carte, perché con quelle devi giocare!" Al meglio….s’intende. r.m.
sabato 24 maggio 2008
Il foglio bianco
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Il foglio bianco, con la sua aria falsamente ingenua, mi sta davanti da un po’. Bianco....vuoto !
Mi sembra perfino che abbia, stanotte, un'aria sorniona, di sfida.
Aspetto l’ispirazione e - nel frattempo - cerco le attenuanti. Ho aperto il blog il 15 gennaio di quest’anno e – salvo rare eccezioni – ho postato qualcosa ogni giorno.
Forse alcune cose, erano trascritte ma, per il resto (buone e meno buone) erano tutte cose mie. Un centinaio ? Circa.
Cos’è che adesso mi frena ? Sto bene, non sono stanca, non voglio mancare all’appuntamento quotidiano ma, niente mi soccorre. Sono bloccata.
Ho perfino pensato che – forse – ho detto tutto quello che mi premeva di dire.
Ho, infatti, parlato della scuola, dei figli, dell’amore, della gioventù buona e di quella difficile, dei rapporti di coppia, della sincerità, della ricchezza e di altro ancora.
Non ho mai parlato di sesso perchè pensavo prima e penso ancora, che è meglio viverlo che parlarne.
E mi chiedo : Cosa succede ? Sono in riserva ? Ci devo pensare.
E’ notte e dicono che “la notte porta consiglio”.
Vi saprò dire se è vero. A presto, comunque. r.m.
Il foglio bianco, con la sua aria falsamente ingenua, mi sta davanti da un po’. Bianco....vuoto !
Mi sembra perfino che abbia, stanotte, un'aria sorniona, di sfida.
Aspetto l’ispirazione e - nel frattempo - cerco le attenuanti. Ho aperto il blog il 15 gennaio di quest’anno e – salvo rare eccezioni – ho postato qualcosa ogni giorno.
Forse alcune cose, erano trascritte ma, per il resto (buone e meno buone) erano tutte cose mie. Un centinaio ? Circa.
Cos’è che adesso mi frena ? Sto bene, non sono stanca, non voglio mancare all’appuntamento quotidiano ma, niente mi soccorre. Sono bloccata.
Ho perfino pensato che – forse – ho detto tutto quello che mi premeva di dire.
Ho, infatti, parlato della scuola, dei figli, dell’amore, della gioventù buona e di quella difficile, dei rapporti di coppia, della sincerità, della ricchezza e di altro ancora.
Non ho mai parlato di sesso perchè pensavo prima e penso ancora, che è meglio viverlo che parlarne.
E mi chiedo : Cosa succede ? Sono in riserva ? Ci devo pensare.
E’ notte e dicono che “la notte porta consiglio”.
Vi saprò dire se è vero. A presto, comunque. r.m.
venerdì 23 maggio 2008
Cantilena mattutina!
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Una rima ogni mattina certamente ci avvicina
e se il cuore resta attento si rafforza il sentimento !
Mentre l'anima fanciulla dolcemente si trastulla
si risveglia stamattina il mio cuore di bambina
e vi sorride già dal letto Forse,cerca un po' d'affetto?
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Una rima ogni mattina certamente ci avvicina
e se il cuore resta attento si rafforza il sentimento !
Mentre l'anima fanciulla dolcemente si trastulla
si risveglia stamattina il mio cuore di bambina
e vi sorride già dal letto Forse,cerca un po' d'affetto?
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giovedì 22 maggio 2008
Un sorriso nel solito bar.
(appunti, stilati dopo una brutta polmonite, nel gennaio del 2006)
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Questa mattina, mi sono ritrovata il sorriso sulle labbra, proprio perchè indugiavo, serena, nel solito Bar. Una deliziosa coppia (over 70 o, forse 80) mi ha offerto l’ennesima occasione per esprimere la consapevolezza di un privilegio.
Il privilegio di essere ancora qui a parlottare un po’ sul degrado e, anche sulle positività di questa società che si bilancia, come in ogni tempo, tra peculiarità di opposta valenza. Non conoscevo la coppia, ma dopo poche parole ci siamo ritrovati tutti lieti dell’incontro. Dopo una lunga, prostrante malattia apprezzo concretamente anche ciò che la frequentazione abituale del Bar é in grado di offrire.
Se c’é interesse per quanto ci circonda si possono cogliere sfumature che tratteggiano in modo significativo l’epoca in cui viviamo. Seduta al tavolino del Bar ho avuto talvolta l’opportunità di percepire il mulinare di situazioni dissimili e intriganti.
Gli innamorati che si scambiano sguardi adoranti e quelli che si punzecchiano (magari solo per provocare reazioni), le coppie unite e quelle insofferenti, le amiche che si confidano e quelle che progettano “tranches de vie”, persone che si concedono una breve sosta dall’attività lavorativa, individui solitari che si sentono al caldo in virtù d’un sorriso.....
Esemplari di varia umanità impavida o fragile, audace o esitante, che conferma ciò che penso da sempre e cioè che mal si addice il plurale a questa moltitudine di individui che hanno però in comune, - qualche volta inconsapevolmente - identiche necessità.
Tra queste l’insopprimibile bisogno di condivisione, la sete di affetto e la necessità di comprensione, valori questi che non si comprano. In sintesi i più preziosi, insieme al bisogno di socializzare che talvolta ci possiamo concedere al Bar al modico prezzo di 80 cent, o poco più se (assecondando un naturale desiderio di relax) ci sediamo un po’. r.m.
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Questa mattina, mi sono ritrovata il sorriso sulle labbra, proprio perchè indugiavo, serena, nel solito Bar. Una deliziosa coppia (over 70 o, forse 80) mi ha offerto l’ennesima occasione per esprimere la consapevolezza di un privilegio.
Il privilegio di essere ancora qui a parlottare un po’ sul degrado e, anche sulle positività di questa società che si bilancia, come in ogni tempo, tra peculiarità di opposta valenza. Non conoscevo la coppia, ma dopo poche parole ci siamo ritrovati tutti lieti dell’incontro. Dopo una lunga, prostrante malattia apprezzo concretamente anche ciò che la frequentazione abituale del Bar é in grado di offrire.
Se c’é interesse per quanto ci circonda si possono cogliere sfumature che tratteggiano in modo significativo l’epoca in cui viviamo. Seduta al tavolino del Bar ho avuto talvolta l’opportunità di percepire il mulinare di situazioni dissimili e intriganti.
Gli innamorati che si scambiano sguardi adoranti e quelli che si punzecchiano (magari solo per provocare reazioni), le coppie unite e quelle insofferenti, le amiche che si confidano e quelle che progettano “tranches de vie”, persone che si concedono una breve sosta dall’attività lavorativa, individui solitari che si sentono al caldo in virtù d’un sorriso.....
Esemplari di varia umanità impavida o fragile, audace o esitante, che conferma ciò che penso da sempre e cioè che mal si addice il plurale a questa moltitudine di individui che hanno però in comune, - qualche volta inconsapevolmente - identiche necessità.
Tra queste l’insopprimibile bisogno di condivisione, la sete di affetto e la necessità di comprensione, valori questi che non si comprano. In sintesi i più preziosi, insieme al bisogno di socializzare che talvolta ci possiamo concedere al Bar al modico prezzo di 80 cent, o poco più se (assecondando un naturale desiderio di relax) ci sediamo un po’. r.m.
mercoledì 21 maggio 2008
Carattere e temperamento
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Ha carattere chi riesce a dominare il proprio temperamento. Spesso un uomo sembra di carattere, mentre invece segue impulsi che lo asserviscono - Levi Appulo>
Ha carattere chi riesce a dominare il proprio temperamento. Spesso un uomo sembra di carattere, mentre invece segue impulsi che lo asserviscono - Levi Appulo>
lunedì 19 maggio 2008
Felicità solitaria
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Il futuro dei giovani e l’àmbito femminile. Questo il tema di un incontro che poneva alla base il riconoscimento dei progressi compiuti dalla donna, nella conquista della sua autonomia.
Una persona colta e preparata é intervenuta nel discorso affermando “Il mondo di domani, sarà sempre più della donna....basti pensare che – per avere un figlio – la donna potrà scegliere di non vincolarsi alla partecipazione dell’uomo. Mentre al contrario, l’uomo non potrà mai prescindere dalla donna”.
L’affermazione sollecita alcuni interrogativi : cosa se ne farebbe la donna, delle sue meravigliose prerogative femminili, se non ci fosse anche l’amore a fecondarla ? All’inserimento meccanico del seme si affideranno (io spero) soltanto donne che avranno validissime ragioni per farlo. Ma...ci vorrà pur sempre il seme! Quindi pensare di porre in secondo piano l’uomo, mi sembra un non senso. E non è certo questo che le donne desiderano perché - quelle sincere –non avranno certo difficoltà ad ammettere che tutto il nostro modo di pensare, di porgerci, e di amare è rivolto a questi nostri uomini che dobbiamo – tutt’al più, sopratutto come madri – cercare sempre di migliorare.
Come mi ribellavo un tempo alla scarsa considerazione riservata alla donna, mi ribello oggi alla spavalderia insulsa di chi vuole convincersi della marginalità del ruolo maschile. Siamo complementari, questa è la realtà. E l’essere differenti costituisce, provoca e incentra la pulsione che rende esaltante e costruttivo l’incontro.
Se è vero che il mondo di domani sarà sempre più delle donne mi auguro con tutto il cuore che le stesse donne continuino a cercare due occhi maschili che esprimano amore! L’idea di una felicità solitaria, non mi convince : la impostiamo tutta sulla realizzazione personale ? Sull’indipendenza economica ? Mi sembra poco. Alla donna auguro di più. Molto di più! r.m.
Il futuro dei giovani e l’àmbito femminile. Questo il tema di un incontro che poneva alla base il riconoscimento dei progressi compiuti dalla donna, nella conquista della sua autonomia.
Una persona colta e preparata é intervenuta nel discorso affermando “Il mondo di domani, sarà sempre più della donna....basti pensare che – per avere un figlio – la donna potrà scegliere di non vincolarsi alla partecipazione dell’uomo. Mentre al contrario, l’uomo non potrà mai prescindere dalla donna”.
L’affermazione sollecita alcuni interrogativi : cosa se ne farebbe la donna, delle sue meravigliose prerogative femminili, se non ci fosse anche l’amore a fecondarla ? All’inserimento meccanico del seme si affideranno (io spero) soltanto donne che avranno validissime ragioni per farlo. Ma...ci vorrà pur sempre il seme! Quindi pensare di porre in secondo piano l’uomo, mi sembra un non senso. E non è certo questo che le donne desiderano perché - quelle sincere –non avranno certo difficoltà ad ammettere che tutto il nostro modo di pensare, di porgerci, e di amare è rivolto a questi nostri uomini che dobbiamo – tutt’al più, sopratutto come madri – cercare sempre di migliorare.
Come mi ribellavo un tempo alla scarsa considerazione riservata alla donna, mi ribello oggi alla spavalderia insulsa di chi vuole convincersi della marginalità del ruolo maschile. Siamo complementari, questa è la realtà. E l’essere differenti costituisce, provoca e incentra la pulsione che rende esaltante e costruttivo l’incontro.
Se è vero che il mondo di domani sarà sempre più delle donne mi auguro con tutto il cuore che le stesse donne continuino a cercare due occhi maschili che esprimano amore! L’idea di una felicità solitaria, non mi convince : la impostiamo tutta sulla realizzazione personale ? Sull’indipendenza economica ? Mi sembra poco. Alla donna auguro di più. Molto di più! r.m.
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sabato 17 maggio 2008
Ampi orizzonti
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Non c’é nessun bisogno di spegnere la luce altrui per far brillare la propria. Pascal
Non c’é nessun bisogno di spegnere la luce altrui per far brillare la propria. Pascal
giovedì 15 maggio 2008
L'educatore !
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pubblicato dal Giornale di Brescia domenica 18 maggio 2008
pubblicato da Bresciaoggi venerdì 23 maggio 2008
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Ho il privilegio di godere dell’amicizia di un “educatore” di alta eccellenza e – sistemando stamattina la preziosa corrispondenza intercorsa – mi si è riproposta intatta la commozione di allora. Era il 2003 e questo insegnante “da tanto di cappello” mi scriveva, tra l’altro :
“”Nel mio ruolo di educatore, devo quotidianamente fare i conti con abbandoni totali e definitivi. Hai idea di cosa può succedere dicendo a una bambina: "che belle trecce hai stamattina? Te le ha fatte la mamma?" ... ed accorgersi dal pianto di avere squarciato un cuore?
In tutte le mie classi ci sono due o tre bambini che hanno perso uno dei genitori. Fino dal primo giorno dalla classe prima media,so di camminare su di un prato che nasconde nell'erba pericolosissime mine.
NON si dice:
"Avvisate il papà che deve depositare la firma sul libretto scolastico".
Si dice : "Un adulto deve firmare il vostro libretto scolastico".
Quasi ogni anno porto il peso di accompagnare nel dolore qualcuno. Anche quest'anno, purtroppo.
Anche se sono in vacanza e la scuola è chiusa, non voglio mancare al mio dovere. In questi casi cerco di raccogliere tutti i compagni e le compagne ad abbracciarsi strettamente. Quello che succede diventa un'occasione di crescita e maturazione per tutti e non mi sottraggo alle necessarie riflessioni. Voglio che crescano forti, come si dice di Ulisse "ben aduso ai colpi di sventura".
Poi ci sono gli orfani dei genitori viventi. Quanti hanno perso uno, l'altro o entrambe i genitori perché sono con "altre" mamme o papà. Qui nasce pure la preoccupazione della gelosia di fratelli e sorelle.Già il problema non è lieve col fratellino "vero". Se poi la mamma, che già "è andata via" ... vuole bene e dedica tutte le attenzioni a un fratellino appena nato da un altro papà.........
Insomma ci sono un bel po' dei miei bimbi e bimbe che debbono fare i conti tutti i giorni con l'enunciato: perso per sempre.Così a qualcuno che mi viene vicino scappa talvolta di dire "papà", diventa rosso, e io lo ringrazio davanti a tutti perché mi ha fatto un dono.””
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No comment. Salvo il fatto che ho voluto onorare la missione dell’insegnare come il Professore in questione la intende e la svolge. – r.m.
pubblicato dal Giornale di Brescia domenica 18 maggio 2008
pubblicato da Bresciaoggi venerdì 23 maggio 2008
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Ho il privilegio di godere dell’amicizia di un “educatore” di alta eccellenza e – sistemando stamattina la preziosa corrispondenza intercorsa – mi si è riproposta intatta la commozione di allora. Era il 2003 e questo insegnante “da tanto di cappello” mi scriveva, tra l’altro :
“”Nel mio ruolo di educatore, devo quotidianamente fare i conti con abbandoni totali e definitivi. Hai idea di cosa può succedere dicendo a una bambina: "che belle trecce hai stamattina? Te le ha fatte la mamma?" ... ed accorgersi dal pianto di avere squarciato un cuore?
In tutte le mie classi ci sono due o tre bambini che hanno perso uno dei genitori. Fino dal primo giorno dalla classe prima media,so di camminare su di un prato che nasconde nell'erba pericolosissime mine.
NON si dice:
"Avvisate il papà che deve depositare la firma sul libretto scolastico".
Si dice : "Un adulto deve firmare il vostro libretto scolastico".
Quasi ogni anno porto il peso di accompagnare nel dolore qualcuno. Anche quest'anno, purtroppo.
Anche se sono in vacanza e la scuola è chiusa, non voglio mancare al mio dovere. In questi casi cerco di raccogliere tutti i compagni e le compagne ad abbracciarsi strettamente. Quello che succede diventa un'occasione di crescita e maturazione per tutti e non mi sottraggo alle necessarie riflessioni. Voglio che crescano forti, come si dice di Ulisse "ben aduso ai colpi di sventura".
Poi ci sono gli orfani dei genitori viventi. Quanti hanno perso uno, l'altro o entrambe i genitori perché sono con "altre" mamme o papà. Qui nasce pure la preoccupazione della gelosia di fratelli e sorelle.Già il problema non è lieve col fratellino "vero". Se poi la mamma, che già "è andata via" ... vuole bene e dedica tutte le attenzioni a un fratellino appena nato da un altro papà.........
Insomma ci sono un bel po' dei miei bimbi e bimbe che debbono fare i conti tutti i giorni con l'enunciato: perso per sempre.Così a qualcuno che mi viene vicino scappa talvolta di dire "papà", diventa rosso, e io lo ringrazio davanti a tutti perché mi ha fatto un dono.””
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No comment. Salvo il fatto che ho voluto onorare la missione dell’insegnare come il Professore in questione la intende e la svolge. – r.m.
mercoledì 14 maggio 2008
VIOLENZA - GIOVANI DI CASA NOSTRA
Pubblicato da Bresciaoggi il 27 maggio 2008
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Quattro giovani stuprano dodicenne. Episodi di questo genere rannuvolano l'àmbito nel quale interagiscono i giovani d'oggi. Un certo tipo di gioventù disastrata e squallida, dileggia abitualmente per riempire il vuoto totale che la possiede.
Beffeggiando si esalta ed esaltandosi ha l’illusione di raggiungere quelle vette dove per loro non c'é possibilità di ingresso. Povera, squallida gioventù spinta da misere e sordide motivazioni. Vorrei che li guardassimo attentamente questi quattro delinquenti. Hanno la pelle chiara o magari artificialmente abbronzata e...sono dei nostri !
E’ a questo punto che mi chiedo perché c’è tanta diffidenza verso l’immigrato, in quanto tale ? E la risposta chiarisce. E’ gente disperata, che non ha niente da perdere, che tenta di sopravvivere ed è certamente attratta da beni a loro preclusi. E’ incline al furto ma, almeno ha l’ attenuante della fame, della miseria.. Quei quattro ignobili individui non erano disperati. Sono solo marci.
Se qualcuno si è interessato ai ricorsi storici sa che molti uomini dalla pelle chiara sono sbarcatati – tempo fa – sulle coste africane per strappare dalla loro terra e dai loro affetti ragazzi e fanciulle, uomini forti, neri per renderli schiavi. Per favore, smettiamola di parlare di collocazione geografica o di fisionomie diverse o di colore della pelle.
Usiamolo questo nostro cervello che ha la favolosa capacità di dotarci dell’obiettività. Guardiamo agli individui e non dimentichiamo le situazioni contingenti entro le quali interagiscono. Evitiamo di riservare la nostra benevolenza solo a personaggi come la bella Naomi o a qualche calciatore che gratifica le nostre aspirazioni sportive.
E chiediamoci, quali sono i nostri meriti effettivi rispetto ai nostri privilegi. Obiettività. Non ci vuole nient’altro. A mio parere, ovviamente. r.m.
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Quattro giovani stuprano dodicenne. Episodi di questo genere rannuvolano l'àmbito nel quale interagiscono i giovani d'oggi. Un certo tipo di gioventù disastrata e squallida, dileggia abitualmente per riempire il vuoto totale che la possiede.
Beffeggiando si esalta ed esaltandosi ha l’illusione di raggiungere quelle vette dove per loro non c'é possibilità di ingresso. Povera, squallida gioventù spinta da misere e sordide motivazioni. Vorrei che li guardassimo attentamente questi quattro delinquenti. Hanno la pelle chiara o magari artificialmente abbronzata e...sono dei nostri !
E’ a questo punto che mi chiedo perché c’è tanta diffidenza verso l’immigrato, in quanto tale ? E la risposta chiarisce. E’ gente disperata, che non ha niente da perdere, che tenta di sopravvivere ed è certamente attratta da beni a loro preclusi. E’ incline al furto ma, almeno ha l’ attenuante della fame, della miseria.. Quei quattro ignobili individui non erano disperati. Sono solo marci.
Se qualcuno si è interessato ai ricorsi storici sa che molti uomini dalla pelle chiara sono sbarcatati – tempo fa – sulle coste africane per strappare dalla loro terra e dai loro affetti ragazzi e fanciulle, uomini forti, neri per renderli schiavi. Per favore, smettiamola di parlare di collocazione geografica o di fisionomie diverse o di colore della pelle.
Usiamolo questo nostro cervello che ha la favolosa capacità di dotarci dell’obiettività. Guardiamo agli individui e non dimentichiamo le situazioni contingenti entro le quali interagiscono. Evitiamo di riservare la nostra benevolenza solo a personaggi come la bella Naomi o a qualche calciatore che gratifica le nostre aspirazioni sportive.
E chiediamoci, quali sono i nostri meriti effettivi rispetto ai nostri privilegi. Obiettività. Non ci vuole nient’altro. A mio parere, ovviamente. r.m.
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martedì 13 maggio 2008
Gli strafalcioni di Caterina
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Vi piaccioni gli strafalcioni ? Ne ho una serie quasi infinita.
Me li fornisce Caterina, mamma affettuosa della sua Noemi. Mi ha aiutato in casa anni fa e viene frequentemente a trovarmi.
Argomeno : la sua Noemi.Ecco l'ultima aspirazione di Caterina: "" Vorrei che la mia Noemi si facesse una posizione di un certo lavello ! Ma deve andare piano e non seguire sempre l’estinto""
Alla prossima !
Vi piaccioni gli strafalcioni ? Ne ho una serie quasi infinita.
Me li fornisce Caterina, mamma affettuosa della sua Noemi. Mi ha aiutato in casa anni fa e viene frequentemente a trovarmi.
Argomeno : la sua Noemi.Ecco l'ultima aspirazione di Caterina: "" Vorrei che la mia Noemi si facesse una posizione di un certo lavello ! Ma deve andare piano e non seguire sempre l’estinto""
Alla prossima !
Famosi o importanti ?
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Oggi mi sono posta davanti al televisore con due giovani amiche per rivedere un programma registrato anni fa. “Saranno famosi”!
Tratta della vita, delle speranze, dei sogni, dell’impegno di alcuni giovani che frequentano una scuola d’arte. Soprattutto danza ma, anche canto, musica, recitazione e altro ancora.Volevo riscoprire i sentimenti di allora che alle prime battute mi sembrava di aver ritrovati intatti, finchè lo schermo mi apparve annebbiato perchè la commozione velava il mio sguardo.
Mentre guardavo quei giovani con l’argento vivo addosso che lottavano per i loro sogni, che sudavano, combattevano per arrivare in alto, una ridda di perché senza risposta mutilava i miei pensieri. Perché quando l’energia è quasi inesauribile non ci si rende conto che quel patrimonio - da solo - è il passepartout per la vita? Perché non ci accorgiamo delle potenzialità meravigliose che ci possiedono e non tentiamo di esprimerle?
La gioventù è fiducia, entusiasmo, incoscienza e mentre la sensazione dell’invulnerabilità acceca, pian piano, senza fruscio, il tempo inesorabilmente assorbe la stagione calda e ci sospinge nella frescura autunnale. Ma c’è un tipo di giovinezza che é fruibile sempre, a condizione che ci si addestri a custodirla dentro di noi. Infatti - pur assaporando il mio autunno - io tento ancora di gestire le mie ribellioni, rincorro i miei sogni e credo ancora caparbiamente nel mio prossimo.
Mi chiedo adesso perché la mia emozione contiene una strana, confortante dolcezza. Forse perché ho fiducia nei giovani, nella loro vitalità, in quella indomabile energia che sembra inesauribile? Ma mentre mi cullo nei miei pensieri, una frase mi riporta alla realtà: “Peccato che sia solo un film!” La pronuncia in tono sfiduciato la giovane al mio fianco e a quel punto mi sorprendo a chiarire a me stessa e loro che essere famosi potrebbe anche prescindere da una vasta notorietà.
Se spostiamo impercettibilmente l’ottica dalla fama all’importanza, ci rendiamo conto che essere importanti, anche per una persona soltanto, meritando il suo amore… può renderci indimenticabili. Importanti e utili magari in uno spazio circoscritto o in qualsiasi contesto nel quale abbiamo profuso dignità, senso del dovere, gioia, spirito di sacrificio, disponibilità, amore.
Tutti possiamo essere importanti e non ha peso se lo saremo per un solo individuo o per molti.
Considerando che la celebrità può avere anche sfaccettature negative, accontentiamoci di essere positivamente importanti per qualcuno. Chiunque può impegnarsi ad esserlo o a diventarlo, purché lo prometta a se stesso ! Se continueremo a credere nelle nostre potenzialità, potremo sempre attingervi con risultati appaganti e spesso insperati.
Questo è soltanto un mio convincimento, ma mi sentirei ancora davvero utile se riuscissi a trasmetterlo. r.m.
Oggi mi sono posta davanti al televisore con due giovani amiche per rivedere un programma registrato anni fa. “Saranno famosi”!
Tratta della vita, delle speranze, dei sogni, dell’impegno di alcuni giovani che frequentano una scuola d’arte. Soprattutto danza ma, anche canto, musica, recitazione e altro ancora.Volevo riscoprire i sentimenti di allora che alle prime battute mi sembrava di aver ritrovati intatti, finchè lo schermo mi apparve annebbiato perchè la commozione velava il mio sguardo.
Mentre guardavo quei giovani con l’argento vivo addosso che lottavano per i loro sogni, che sudavano, combattevano per arrivare in alto, una ridda di perché senza risposta mutilava i miei pensieri. Perché quando l’energia è quasi inesauribile non ci si rende conto che quel patrimonio - da solo - è il passepartout per la vita? Perché non ci accorgiamo delle potenzialità meravigliose che ci possiedono e non tentiamo di esprimerle?
La gioventù è fiducia, entusiasmo, incoscienza e mentre la sensazione dell’invulnerabilità acceca, pian piano, senza fruscio, il tempo inesorabilmente assorbe la stagione calda e ci sospinge nella frescura autunnale. Ma c’è un tipo di giovinezza che é fruibile sempre, a condizione che ci si addestri a custodirla dentro di noi. Infatti - pur assaporando il mio autunno - io tento ancora di gestire le mie ribellioni, rincorro i miei sogni e credo ancora caparbiamente nel mio prossimo.
Mi chiedo adesso perché la mia emozione contiene una strana, confortante dolcezza. Forse perché ho fiducia nei giovani, nella loro vitalità, in quella indomabile energia che sembra inesauribile? Ma mentre mi cullo nei miei pensieri, una frase mi riporta alla realtà: “Peccato che sia solo un film!” La pronuncia in tono sfiduciato la giovane al mio fianco e a quel punto mi sorprendo a chiarire a me stessa e loro che essere famosi potrebbe anche prescindere da una vasta notorietà.
Se spostiamo impercettibilmente l’ottica dalla fama all’importanza, ci rendiamo conto che essere importanti, anche per una persona soltanto, meritando il suo amore… può renderci indimenticabili. Importanti e utili magari in uno spazio circoscritto o in qualsiasi contesto nel quale abbiamo profuso dignità, senso del dovere, gioia, spirito di sacrificio, disponibilità, amore.
Tutti possiamo essere importanti e non ha peso se lo saremo per un solo individuo o per molti.
Considerando che la celebrità può avere anche sfaccettature negative, accontentiamoci di essere positivamente importanti per qualcuno. Chiunque può impegnarsi ad esserlo o a diventarlo, purché lo prometta a se stesso ! Se continueremo a credere nelle nostre potenzialità, potremo sempre attingervi con risultati appaganti e spesso insperati.
Questo è soltanto un mio convincimento, ma mi sentirei ancora davvero utile se riuscissi a trasmetterlo. r.m.
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domenica 11 maggio 2008
Mamma per sempre
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Mamma è colei che guarda suo figlio
- che ha ormai superato la mezza età -
per scoprire se ci sono segni di miglioramento!
Mamma è colei che guarda suo figlio
- che ha ormai superato la mezza età -
per scoprire se ci sono segni di miglioramento!
sabato 10 maggio 2008
Maternità sofferta
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Anzitutto porgo auguri solidali e affettuosi a tutte le mamme l'11 maggio, che è il giorno dedicato alla mamma. Mi prendo però la libertà di ricordare - in questa occasione - anche quella particolare figura di donna che si è ritrovata “in attesa” senza le premesse per poterla considerare “dolce” e tento di seguirla nel percorso che ha orientato la sua scelta di essere madre.
La giovane età, la solitudine,la povertà,la mancanza di sostegno morale,l'assenza del partner e altro ancora, conferiscono alla possibilità di rifiutare l’evento il solo accesso alla soluzione definitiva. Quindi, rifiutare l’alternativa che, pur nel doloroso percorso, offre soluzioni definitive “eliminando il problema” richiede coraggio.
E ci sono anche altre eventualità. La donna è fisicamente strutturata per partorire, ma questo elemento fisiologico non la doterà automaticamente della propensione indispensabile per affrontare il gravoso compito che l’attende. Se questa donna -consapevole delle difficoltà che la coinvolgeranno - ha scelto di non precludere la vita a chi dentro di lei la reclama, è altamente degna di rispettosa considerazione.
Anzitutto porgo auguri solidali e affettuosi a tutte le mamme l'11 maggio, che è il giorno dedicato alla mamma. Mi prendo però la libertà di ricordare - in questa occasione - anche quella particolare figura di donna che si è ritrovata “in attesa” senza le premesse per poterla considerare “dolce” e tento di seguirla nel percorso che ha orientato la sua scelta di essere madre.
La giovane età, la solitudine,la povertà,la mancanza di sostegno morale,l'assenza del partner e altro ancora, conferiscono alla possibilità di rifiutare l’evento il solo accesso alla soluzione definitiva. Quindi, rifiutare l’alternativa che, pur nel doloroso percorso, offre soluzioni definitive “eliminando il problema” richiede coraggio.
E ci sono anche altre eventualità. La donna è fisicamente strutturata per partorire, ma questo elemento fisiologico non la doterà automaticamente della propensione indispensabile per affrontare il gravoso compito che l’attende. Se questa donna -consapevole delle difficoltà che la coinvolgeranno - ha scelto di non precludere la vita a chi dentro di lei la reclama, è altamente degna di rispettosa considerazione.
Ciò posto, porgo auguri affettuosi a chi ha potuto vivere la maternità come festoso coronamento di un percorso di coppia e,altrettanto affettuosamente, auguro ogni bene a chi ha accettato, contro ogni egoistica logica di convenienza…. di rispettare la vita! r.m.
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venerdì 9 maggio 2008
Un rimedio contro l'ansia.
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Essere ansiosi è un inconveniente.
Forse, giova pensare che tra cent’anni,
saremo tutti.......più distesi. (;-)))
Essere ansiosi è un inconveniente.
Forse, giova pensare che tra cent’anni,
saremo tutti.......più distesi. (;-)))
giovedì 8 maggio 2008
Mondo multirazziale
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Ho seguito con interesse, in T.V., un programma che ha puntato un faro impietoso su alcuni aspetti di questa nostra società che si avvia a divenire multietnica. Brevi, significative interviste a nostri connazionali evidenziavano il disagio che deriva dalla inesperienza di tutti e di ognuno, nel gestire il fenomeno.
I protagonisti interagiscono con esigenze opposte e tutte legittime. Da una parte c’è chi si sente insicuro e vagamente minacciato, sul suo territorio, da presenze ormai massicce ed estranee e reagisce dichiarandosi decisamente contrario ad affittare abitazioni ad extracomunitari ( anche se muniti di regolare permesso di soggiorno e con un lavoro che offre garanzie) e soltanto una bassa percentuale si dimostra soltanto restia.
Dall’altra si colloca chi è stato catapultato suo malgrado in una realtà che non gli appartiene con le inevitabili difficoltà di un inserimento reso difficile dall’ostilità e dalla diffidenza. A ciò si aggiunge il problema non marginale dell’apprendimento, in tempi brevi, della lingua, ma quello che è emerso nel corso delle interviste agli immigrati è il disagio, quasi palpabile di chi si sente costantemente rifiutato, respinto, emarginato.
L’intero contenuto della trasmissione, la comprensibile ribellione dei cittadini che si scoprono non tutelati, lo sguardo tristissimo degli immigrati apparsi in video a denunciare lo squallore della loro esistenza, hanno contribuito a disturbare profondamente il mio spirito e la mia notte. Successivamente il pensiero è tornato con frequenza sugli aspetti che il problema aveva sollevato e non riuscivo e ad estraniarmi dal problema.
Ancora questa mattina camminavo, assorta nei miei pensieri, con la mia cagnolina quando mi sono trovata davanti all’asilo dove una bimba orientale mi ha chiesto se poteva accarezzare la mia Trapy. I suoi occhi neri mi guardavano sorridenti e fiduciosi ma, mentre stavo per risponderle ricambiando il sorriso, la piccola è stata raggiunta da un bimbo di colore che la sollecitava ad entrare nel giardino dell’asilo.
Improvvisamente distratta la bimba, presa per mano dal piccolo amico, varcò il cancello e si unì agli altri bambini. Erano sette o otto in tutto e giocavano sereni: la cinesina col bimbo di colore rideva guardando una biondina lentigginosa mentre, poco distante, una bella brunetta salutava la sua mamma dalla pelle bruna che aveva i capelli totalmente coperti da un foulard di seta bianca.
I problemi che avevano rattristato la mia serata, loro li avevano già superati. r.m.
Ho seguito con interesse, in T.V., un programma che ha puntato un faro impietoso su alcuni aspetti di questa nostra società che si avvia a divenire multietnica. Brevi, significative interviste a nostri connazionali evidenziavano il disagio che deriva dalla inesperienza di tutti e di ognuno, nel gestire il fenomeno.
I protagonisti interagiscono con esigenze opposte e tutte legittime. Da una parte c’è chi si sente insicuro e vagamente minacciato, sul suo territorio, da presenze ormai massicce ed estranee e reagisce dichiarandosi decisamente contrario ad affittare abitazioni ad extracomunitari ( anche se muniti di regolare permesso di soggiorno e con un lavoro che offre garanzie) e soltanto una bassa percentuale si dimostra soltanto restia.
Dall’altra si colloca chi è stato catapultato suo malgrado in una realtà che non gli appartiene con le inevitabili difficoltà di un inserimento reso difficile dall’ostilità e dalla diffidenza. A ciò si aggiunge il problema non marginale dell’apprendimento, in tempi brevi, della lingua, ma quello che è emerso nel corso delle interviste agli immigrati è il disagio, quasi palpabile di chi si sente costantemente rifiutato, respinto, emarginato.
L’intero contenuto della trasmissione, la comprensibile ribellione dei cittadini che si scoprono non tutelati, lo sguardo tristissimo degli immigrati apparsi in video a denunciare lo squallore della loro esistenza, hanno contribuito a disturbare profondamente il mio spirito e la mia notte. Successivamente il pensiero è tornato con frequenza sugli aspetti che il problema aveva sollevato e non riuscivo e ad estraniarmi dal problema.
Ancora questa mattina camminavo, assorta nei miei pensieri, con la mia cagnolina quando mi sono trovata davanti all’asilo dove una bimba orientale mi ha chiesto se poteva accarezzare la mia Trapy. I suoi occhi neri mi guardavano sorridenti e fiduciosi ma, mentre stavo per risponderle ricambiando il sorriso, la piccola è stata raggiunta da un bimbo di colore che la sollecitava ad entrare nel giardino dell’asilo.
Improvvisamente distratta la bimba, presa per mano dal piccolo amico, varcò il cancello e si unì agli altri bambini. Erano sette o otto in tutto e giocavano sereni: la cinesina col bimbo di colore rideva guardando una biondina lentigginosa mentre, poco distante, una bella brunetta salutava la sua mamma dalla pelle bruna che aveva i capelli totalmente coperti da un foulard di seta bianca.
I problemi che avevano rattristato la mia serata, loro li avevano già superati. r.m.
mercoledì 7 maggio 2008
Una grande educatrice.
Giornale di Brescia del 9 sett.2008
Bresciaoggi...................13 ott. 2008
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Si compie in questi giorni il 200° anno dalla fondazione dell’Ordine delle Canossiane e ciò mi spinge aricordare grande educatrice.
Madre Savoldi. Insegnante di italiano,storia e geografia, suora canossiana, indimenticata Maestra di vita. Il ricordo di Lei che costantemente e quasi quotidianamente riaffiora, mi sprona a renderLe omaggio.
Fisicamente era, ai miei occhi, il Don Camillo al femminile. Alta, snella, dava però la sensazione della robustezza fisica; l’uniforme nera e marrone dell’Ordine delle Canossiane era estremamente garbata e si completata (a quei tempi 1940/45) con una cuffietta nera, rigida che copriva le orecchie e terminava in alto con quattro cannoncini che avrebbero dovuto conferire grazia, ma sembrava che Lei la indossasse sempre troppo in fretta e distrattamente.
Aveva piedi grandi calzati in nere scarpe basse, mascoline e stringate. Il colorito pallido, proprio dei “topi di biblioteca”, il viso ovale, le labbra sottili avevano poca familiarità col sorriso e gli occhiali rotondi con una essenziale montatura in metallo chiaro (alla Cavour) conferivano al Suo penetrante sguardo un magnetismo carismatico.
Camminava con passi lunghi e quando si avvicinava per affrontare direttamente l’interlocutore (nella fattispecie noi ragazze) sembrava sovrastarle provocando un rispettoso, reverenziale atteggiamento. Ma soprattutto fissava, sempre, direttamente negli occhi riuscendo ad esigere – tacitamente – il massimo dell’attenzione.
Era, senza saperlo, depositaria di un magnetismo al quale nessuno desiderava sottrarsi, tanto è vero che porsi all’ascolto delle Sue attese lezioni era - per me e per molte che ancora la ricordano con incontaminata ammirazione – un privilegio.
C’era in Lei (alla quale ancora oggi mi rivolgo usando istintivamente la maiuscola) l’arte rara del coinvolgere, riuscendo a fare – dell’ascoltatore – un fan. Per me, la consultazione del programma settimanale delle lezioni era improntata sulla ricerca delle ore che prevedevano il suo intervento perché erano ore di genuino godimento e di partecipazione assoluta.
Le Sue parole erano accolte in un silenzio quasi palpabile…il mondo esterno esiliato, le menti avide, l’attenzione totale. Qualunque argomento che si presentasse ostico, sgradevole, difficile, poco assimilabile diventava – elaborato dalle sue spiegazioni – facile, gradevole, appassionante. Iliade, Odissea, Divina Commedia e…i Poeti.
Lei riusciva a collocarli nelle nostre giovani menti in posizione privilegiata in modo che alla fine, dopo le sue appassionate indagini per scavare nelle intenzioni più segrete dell’autore…alla fine…noi li amavamo! Quel suo seminare appassionato e appassionante ha dato frutti di perenne fioritura.
Spesso, quando mi vedeva disturbata dagli eventi che – nel particolare contesto di quegli anni di guerra – si verificavano in ogni ambito, Lei prendeva posto sulla seggiola e scostava le ginocchia l’una dall’altra, dava (con la sua grande mano) un colpo deciso alla gonna, tendeva le braccia e – prendendo le mie mani tra le sue – mi collocava in piedi davanti a Lei facendomi posto tra le sue ginocchia e mi invitava a liberarmi dei miei crucci con un semplice : “Racconta!”…e con i Suoi opportuni, orientativi interventi…mi regalava la serenità.
Sarebbe certamente contenta di sapere che, spesso, nei momenti nei quali la vita impone un qualche dolore e la mente ha bisogno di un rifugio nel quale ritrovare lucidità…in quei momenti me la ritrovo accanto.
Mi prende per mano e come allora racconta “I cipressi che da Bolgheri, alti e schietti vanno a S.Guido in duplice filar…” o mi ricorda Giacomo Zanella che ispirandosi ad una conchiglia fossile posata sopra un libro di poesie compose un’ode stupenda.
E io che conservo – senza merito – intatta memoria spesso mi ripeto i versi della sempre attualissima Sant’Ambrogio del Giusti e apprezzo, come Lei mi ha insegnato, le sfumature, le pause, i significati espressi e quelli soltanto intuibili.
Cara, carissima Madre Savoldi...severa e comprensiva, intransigente e tollerante senza essere in contraddizione; dotata di una capacità di penetrazione nel cuore altrui che le consentiva di adattare i comportamenti alle situazioni e agli stati d’animo delle Sue amatissime allieve.
Erano poi, sempre presenti, le essenziali, puntigliose norme di vita, gli insegnamenti validi, gli orientamenti di base.
“Se non vuoi osservazioni…mettiti in condizione di non fartene fare!”
“ Se sarai tu a dare di più sarà soltanto perché sei più dotata e la tua disponibilità ti aiuterà a dire grazie per i maggiori doni che hai ricevuto”
“Quando vedi la sofferenza, non guardare da un’altra parte”
“Quando porgi un aiuto materiale…aggiungi sempre un sorriso, uno sguardo attento e partecipe”.
Grazie, cara Madre Savoldi. Grazie per essere passata dolcemente nella mia vita e grazie per avermi insegnato a guardare…cercando sempre di vedere. r.m.
Bresciaoggi...................13 ott. 2008
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Si compie in questi giorni il 200° anno dalla fondazione dell’Ordine delle Canossiane e ciò mi spinge aricordare grande educatrice.
Madre Savoldi. Insegnante di italiano,storia e geografia, suora canossiana, indimenticata Maestra di vita. Il ricordo di Lei che costantemente e quasi quotidianamente riaffiora, mi sprona a renderLe omaggio.
Fisicamente era, ai miei occhi, il Don Camillo al femminile. Alta, snella, dava però la sensazione della robustezza fisica; l’uniforme nera e marrone dell’Ordine delle Canossiane era estremamente garbata e si completata (a quei tempi 1940/45) con una cuffietta nera, rigida che copriva le orecchie e terminava in alto con quattro cannoncini che avrebbero dovuto conferire grazia, ma sembrava che Lei la indossasse sempre troppo in fretta e distrattamente.
Aveva piedi grandi calzati in nere scarpe basse, mascoline e stringate. Il colorito pallido, proprio dei “topi di biblioteca”, il viso ovale, le labbra sottili avevano poca familiarità col sorriso e gli occhiali rotondi con una essenziale montatura in metallo chiaro (alla Cavour) conferivano al Suo penetrante sguardo un magnetismo carismatico.
Camminava con passi lunghi e quando si avvicinava per affrontare direttamente l’interlocutore (nella fattispecie noi ragazze) sembrava sovrastarle provocando un rispettoso, reverenziale atteggiamento. Ma soprattutto fissava, sempre, direttamente negli occhi riuscendo ad esigere – tacitamente – il massimo dell’attenzione.
Era, senza saperlo, depositaria di un magnetismo al quale nessuno desiderava sottrarsi, tanto è vero che porsi all’ascolto delle Sue attese lezioni era - per me e per molte che ancora la ricordano con incontaminata ammirazione – un privilegio.
C’era in Lei (alla quale ancora oggi mi rivolgo usando istintivamente la maiuscola) l’arte rara del coinvolgere, riuscendo a fare – dell’ascoltatore – un fan. Per me, la consultazione del programma settimanale delle lezioni era improntata sulla ricerca delle ore che prevedevano il suo intervento perché erano ore di genuino godimento e di partecipazione assoluta.
Le Sue parole erano accolte in un silenzio quasi palpabile…il mondo esterno esiliato, le menti avide, l’attenzione totale. Qualunque argomento che si presentasse ostico, sgradevole, difficile, poco assimilabile diventava – elaborato dalle sue spiegazioni – facile, gradevole, appassionante. Iliade, Odissea, Divina Commedia e…i Poeti.
Lei riusciva a collocarli nelle nostre giovani menti in posizione privilegiata in modo che alla fine, dopo le sue appassionate indagini per scavare nelle intenzioni più segrete dell’autore…alla fine…noi li amavamo! Quel suo seminare appassionato e appassionante ha dato frutti di perenne fioritura.
Spesso, quando mi vedeva disturbata dagli eventi che – nel particolare contesto di quegli anni di guerra – si verificavano in ogni ambito, Lei prendeva posto sulla seggiola e scostava le ginocchia l’una dall’altra, dava (con la sua grande mano) un colpo deciso alla gonna, tendeva le braccia e – prendendo le mie mani tra le sue – mi collocava in piedi davanti a Lei facendomi posto tra le sue ginocchia e mi invitava a liberarmi dei miei crucci con un semplice : “Racconta!”…e con i Suoi opportuni, orientativi interventi…mi regalava la serenità.
Sarebbe certamente contenta di sapere che, spesso, nei momenti nei quali la vita impone un qualche dolore e la mente ha bisogno di un rifugio nel quale ritrovare lucidità…in quei momenti me la ritrovo accanto.
Mi prende per mano e come allora racconta “I cipressi che da Bolgheri, alti e schietti vanno a S.Guido in duplice filar…” o mi ricorda Giacomo Zanella che ispirandosi ad una conchiglia fossile posata sopra un libro di poesie compose un’ode stupenda.
E io che conservo – senza merito – intatta memoria spesso mi ripeto i versi della sempre attualissima Sant’Ambrogio del Giusti e apprezzo, come Lei mi ha insegnato, le sfumature, le pause, i significati espressi e quelli soltanto intuibili.
Cara, carissima Madre Savoldi...severa e comprensiva, intransigente e tollerante senza essere in contraddizione; dotata di una capacità di penetrazione nel cuore altrui che le consentiva di adattare i comportamenti alle situazioni e agli stati d’animo delle Sue amatissime allieve.
Erano poi, sempre presenti, le essenziali, puntigliose norme di vita, gli insegnamenti validi, gli orientamenti di base.
“Se non vuoi osservazioni…mettiti in condizione di non fartene fare!”
“ Se sarai tu a dare di più sarà soltanto perché sei più dotata e la tua disponibilità ti aiuterà a dire grazie per i maggiori doni che hai ricevuto”
“Quando vedi la sofferenza, non guardare da un’altra parte”
“Quando porgi un aiuto materiale…aggiungi sempre un sorriso, uno sguardo attento e partecipe”.
Grazie, cara Madre Savoldi. Grazie per essere passata dolcemente nella mia vita e grazie per avermi insegnato a guardare…cercando sempre di vedere. r.m.
martedì 6 maggio 2008
Obiettività
Il vero signore è simile ad un arciere:
se manca il bersaglio, ne cerca la causa in se stesso.
Confucio
se manca il bersaglio, ne cerca la causa in se stesso.
Confucio
lunedì 5 maggio 2008
Vitamine del buon umore !
A noi ragazze può capitare (dopo i cinquant’anni) di notare nel nostro critico, attento sguardo , una lieve preoccupazione e l’ombra della delusione.
Qualche rughetta che non è più "d'espressione", un persistente gonfiore sotto gli occhi ...e altro.
Quando è successo a me, non ho trovato di meglio che reagire con veemenza.
” Ragazza - mi sono detta - non cominciare! Goditi l’oggi perchè... tra dieci anni sarà peggio! E sarà un peggioramento da festeggiare perchè significherà che "ci sei".
Chiaro ?
Qualche rughetta che non è più "d'espressione", un persistente gonfiore sotto gli occhi ...e altro.
Quando è successo a me, non ho trovato di meglio che reagire con veemenza.
” Ragazza - mi sono detta - non cominciare! Goditi l’oggi perchè... tra dieci anni sarà peggio! E sarà un peggioramento da festeggiare perchè significherà che "ci sei".
Chiaro ?
sabato 3 maggio 2008
Parole d'altri tempi ?
Giornale di Brescia - 8 maggio 2008
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La mia mania di rovistare periodicamente tra vecchie carte (riposte e gelosamente conservate) ha dato oggi un risultato insperato: su di un foglio accuratamente custodito, ha attirato la mia attenzione la considerazione che trascrivo :
“E avviene pure che
- chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito uomo senza carattere, servo;
-che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come pari e non è più rispettato;
- che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui;
- che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi e questi – per non parere troppo severi – danno ragione ai giovani.
In questo clima di libertà e in nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno.”
Considerando l’inversione di tendenza che si è instaurata nel modo di educare, io rimango ancorata ad alcuni precetti che mi hanno consentito di affrontare la vita con una preparazione utile, se non altro, per attenuare l’impatto con una realtà qualche volta sgradevole.
Tenere presente che nulla è dovuto, che ai diritti si contrappongono i doveri, che l’egoismo insito in noi va combattuto, che ricevere implica il dare e altri concetti che danno la giusta impostazione alla formazione dell’individuo…...mi aiuta ancor oggi.
Ho letto quindi, con sincero compiacimento, quanto ho riportato e sono andata ansiosa alla firma : Platone – 427/348 – De Repubblica, libro VIII. – r.m.
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La mia mania di rovistare periodicamente tra vecchie carte (riposte e gelosamente conservate) ha dato oggi un risultato insperato: su di un foglio accuratamente custodito, ha attirato la mia attenzione la considerazione che trascrivo :
“E avviene pure che
- chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito uomo senza carattere, servo;
-che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come pari e non è più rispettato;
- che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui;
- che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi e questi – per non parere troppo severi – danno ragione ai giovani.
In questo clima di libertà e in nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno.”
Considerando l’inversione di tendenza che si è instaurata nel modo di educare, io rimango ancorata ad alcuni precetti che mi hanno consentito di affrontare la vita con una preparazione utile, se non altro, per attenuare l’impatto con una realtà qualche volta sgradevole.
Tenere presente che nulla è dovuto, che ai diritti si contrappongono i doveri, che l’egoismo insito in noi va combattuto, che ricevere implica il dare e altri concetti che danno la giusta impostazione alla formazione dell’individuo…...mi aiuta ancor oggi.
Ho letto quindi, con sincero compiacimento, quanto ho riportato e sono andata ansiosa alla firma : Platone – 427/348 – De Repubblica, libro VIII. – r.m.
venerdì 2 maggio 2008
Generi di conforto
Ogni tanto, specchiandomi, mi mando un bacino soffiandolo dal palmo della mano. In fondo, sono rimasta la sola ad amarmi ! ( si fa per dire!)
giovedì 1 maggio 2008
Sincerità O.K. ma fondamentale è la lealtà.
Giornale di Brescia - Martedì 29 aprile 2008
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Due passi al parco sotto casa nel tepido sole primaverile, la breve sosta sulla panchina e l’incontro con un’amica che mi apostrofa con una certa irruenza: «Ho letto le tue considerazioni sulla ricchezza e io, invece, vorrei chiederti di parlare della sincerità. Mia figlia, la "sua" sincerità me la sbatte in faccia in ogni occasione. Tu cosa ne pensi»?
La risata è spontanea, non mi sento un saggio santone. Cosa può - la mia personale opinione - influire su sua figlia o su chicchessia? «Ci proverò!» le ho risposto e mi accingo a farlo.
La sincerità è come un prezioso cristallo dalle mille sfaccettature e va maneggiata con cautela. «Che roba sarebbe, quella che hai addosso?» non è sincerità, ma cafoneria (anche se pronunciata tra coetanei) e in proposito, provo a inserire gli insegnamenti che mia mamma ci impartiva per orientare i rapporti tra me e mia sorella, consigliandomi. «Potevi dire "L’abito che indossavi ieri ti stava meglio ?" Oppure potevi tacere. La sincerità sfrontata si trasforma in difetto» mi diceva.
Questo è un esempio di villania grossolana che poggia però sul malinteso significato di sincerità. È già complicato essere sinceri quando si è di fronte alla domanda diretta e personalmente evito di intervenire quando sospetto di poter ferire la suscettibilità degli altri.
Un altro insegnamento materno che non ho dimenticato: «Osserva ma tieni per te le opinioni non richieste, specialmente se sgradevoli». Poi ho imparato che, infine, quando un’opinione è richiesta deve essere calmierata dal buon senso e fornita con tatto.
Questo mi è stato insegnato e questo - con totale condivisione - ho trasmesso a mio figlio. Esaminando i miei comportamenti attuali mi accorgo di fare una netta distinzione tra l’essere sincera e l’essere leale.
Lo so che complico le cose, ma vedrò di spiegare anche a me stessa. Essere leali - per me - implica l’essere di parola, mantenere fede agli impegni, e nei sentimenti dichiarare subito gli eventuali dirottamenti o cambiamenti che sono alla base del rapporto.
Sono per il «non ti amo più» piuttosto che per l’ambiguità o peggio «il tradimento». In amore, sul lavoro, in famiglia, insomma sempre la lealtà è la base. La sincerità nei rapporti superficiali non è sempre l’atteggiamento migliore. E ritorna in ballo l’opportunità del silenzio.
Talvolta se si sa di dare gioia si può dire qualcosa di carino, colorandolo di cortesia.
Se passiamo poi alla sincerità verso gli ammalati varchiamo la soglia della soggettività e di mille altre considerazioni.
C’è già molto da pensare, anche solo in quest’ ambito. Quindi vi lascio qualcosa su cui discutere. Se vi va! r.m.
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Due passi al parco sotto casa nel tepido sole primaverile, la breve sosta sulla panchina e l’incontro con un’amica che mi apostrofa con una certa irruenza: «Ho letto le tue considerazioni sulla ricchezza e io, invece, vorrei chiederti di parlare della sincerità. Mia figlia, la "sua" sincerità me la sbatte in faccia in ogni occasione. Tu cosa ne pensi»?
La risata è spontanea, non mi sento un saggio santone. Cosa può - la mia personale opinione - influire su sua figlia o su chicchessia? «Ci proverò!» le ho risposto e mi accingo a farlo.
La sincerità è come un prezioso cristallo dalle mille sfaccettature e va maneggiata con cautela. «Che roba sarebbe, quella che hai addosso?» non è sincerità, ma cafoneria (anche se pronunciata tra coetanei) e in proposito, provo a inserire gli insegnamenti che mia mamma ci impartiva per orientare i rapporti tra me e mia sorella, consigliandomi. «Potevi dire "L’abito che indossavi ieri ti stava meglio ?" Oppure potevi tacere. La sincerità sfrontata si trasforma in difetto» mi diceva.
Questo è un esempio di villania grossolana che poggia però sul malinteso significato di sincerità. È già complicato essere sinceri quando si è di fronte alla domanda diretta e personalmente evito di intervenire quando sospetto di poter ferire la suscettibilità degli altri.
Un altro insegnamento materno che non ho dimenticato: «Osserva ma tieni per te le opinioni non richieste, specialmente se sgradevoli». Poi ho imparato che, infine, quando un’opinione è richiesta deve essere calmierata dal buon senso e fornita con tatto.
Questo mi è stato insegnato e questo - con totale condivisione - ho trasmesso a mio figlio. Esaminando i miei comportamenti attuali mi accorgo di fare una netta distinzione tra l’essere sincera e l’essere leale.
Lo so che complico le cose, ma vedrò di spiegare anche a me stessa. Essere leali - per me - implica l’essere di parola, mantenere fede agli impegni, e nei sentimenti dichiarare subito gli eventuali dirottamenti o cambiamenti che sono alla base del rapporto.
Sono per il «non ti amo più» piuttosto che per l’ambiguità o peggio «il tradimento». In amore, sul lavoro, in famiglia, insomma sempre la lealtà è la base. La sincerità nei rapporti superficiali non è sempre l’atteggiamento migliore. E ritorna in ballo l’opportunità del silenzio.
Talvolta se si sa di dare gioia si può dire qualcosa di carino, colorandolo di cortesia.
Se passiamo poi alla sincerità verso gli ammalati varchiamo la soglia della soggettività e di mille altre considerazioni.
C’è già molto da pensare, anche solo in quest’ ambito. Quindi vi lascio qualcosa su cui discutere. Se vi va! r.m.
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