Giornale di Brescia domenica 24 aprile 2016
block notes di renata mucci
block notes di renata mucci
Cuffie per ascoltare musica e amore
Era il 1934 e noi abitavamo in una ampia, vecchia casa nella quale ci
eravamo trasferiti per poter ospitare un fratello di papà e la sua
famiglia che viveva in una situazione economica talmente difficile, da
persuadere i miei genitori a tendere una mano a questi parenti
sfortunati.
Lo zio Pio era buono e paziente e mi teneva spesso accanto a sé in una piccolo vano che aveva adibito a laboratorio. Aveva un manualità e una inventiva davvero eccezionale e realizzò due cuffie che collegava – con un filo che girellava pericolosamente per casa – ad un grammofono a manovella.
L’utilizzo di quelle cuffie avveniva di sera che d’inverno giungeva prestissimo perché, appena faceva buio, la mamma toglieva la brace dalla stufa e la poneva nello scaldaletto di rame che passava amorevolmente sulle lenzuola dei nostri letti e noi ci infilavamo in quel tepore con una gradevole, inconscia voluttà. Io e mia sorella dormivamo nella stessa camera che ricordo gelida e tenevamo anche la testa sotto le coperte per qualche minuto.
Ristorate sporgevamo il viso fuori dalle lenzuola e aspettavamo ansiose lo zio Pio che arrivava puntualmente con quelle due cuffie, ce le assestava sul capo e andava a caricare il grammofono a manovella per farci ascoltare le opere liriche che amava.
Conoscemmo così la Traviata, la Boheme, la Butterfly affascinate dalle tragiche vicende dei protagonisti. Io avevo all’epoca, tra gli otto e i dieci anni, ma ricordo ancora le sensazioni che mi portavano ad addormentarmi dopo aver pianto per la tragica fine delle protagoniste. ma le mie erano lacrime di commozione, non di dolore. Commozione per quanto c’è di bello nella musica e quanto può esserci di immenso e coinvolgente, nell’amore. remucci@alice.it
Lo zio Pio era buono e paziente e mi teneva spesso accanto a sé in una piccolo vano che aveva adibito a laboratorio. Aveva un manualità e una inventiva davvero eccezionale e realizzò due cuffie che collegava – con un filo che girellava pericolosamente per casa – ad un grammofono a manovella.
L’utilizzo di quelle cuffie avveniva di sera che d’inverno giungeva prestissimo perché, appena faceva buio, la mamma toglieva la brace dalla stufa e la poneva nello scaldaletto di rame che passava amorevolmente sulle lenzuola dei nostri letti e noi ci infilavamo in quel tepore con una gradevole, inconscia voluttà. Io e mia sorella dormivamo nella stessa camera che ricordo gelida e tenevamo anche la testa sotto le coperte per qualche minuto.
Ristorate sporgevamo il viso fuori dalle lenzuola e aspettavamo ansiose lo zio Pio che arrivava puntualmente con quelle due cuffie, ce le assestava sul capo e andava a caricare il grammofono a manovella per farci ascoltare le opere liriche che amava.
Conoscemmo così la Traviata, la Boheme, la Butterfly affascinate dalle tragiche vicende dei protagonisti. Io avevo all’epoca, tra gli otto e i dieci anni, ma ricordo ancora le sensazioni che mi portavano ad addormentarmi dopo aver pianto per la tragica fine delle protagoniste. ma le mie erano lacrime di commozione, non di dolore. Commozione per quanto c’è di bello nella musica e quanto può esserci di immenso e coinvolgente, nell’amore. remucci@alice.it
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