C’era la guerra e quando suonava
l’allarme tutti scappavamo per raggiungere una galleria sotto il Castello per
trovarvi rifugio. In ognuna di quelle occasioni lui trovava sempre il modo di
sussurrarmi : “non ritorni in ufficio al cessato allarme… vada pure a casa”. E
io ne approfittavo. In quello stesso periodo cominciai a trovare, sulla mia
scrivania, un minuscolo pacchettino che conteneva tre gianduiotti. Superato lo
stupore si faceva strada la gioia e – considerato che l’omaggio era anonimo –
io mi sentivo esonerata dall’obbligo di ringraziare e li dividevo,
sornionamente felice, con le mie colleghe. Seppi in seguito che l’omaggio
(straordinario per l’epoca) mi veniva in virtù di una cotterella che il Dott.Di
Pace si era preso per me. Questo timido dottorino dai capelli rossi e i denti
giallognoli era il nipote amatissimo del Dott. Rosani. All’epoca io ricambiavo
con affettuosi sentimenti il ragazzo che sarebbe poi diventato mio marito e il
dr. Di Pace era al corrente di ciò ma il suo languido sguardo mi seguiva
costantemente nella speranza di un qualsivoglia incoraggiamento. Anche il dr.
Rosani aveva incominciato a perorare la causa del nipote. “Lei è tanto
giovane....il suo impegno non può considerarsi definitivo.... la invito a
riflettere... ci pensi....anch’io le voglio già bene, mi prometta almeno che
valuterà questa possibilità..” E altro ancora. Ma così anche i preziosi
gianduiotti persero la loro funzione gratificante.
La storia non ebbe seguito anche perché,proprio nello
stesso periodo, fui trasferita alla sezione del Ministero del Tesoro che aveva
la sua sede in un’altra zona della città in un signorile, bellissimo e antico
palazzo nobiliare con suggestivi affreschi e una struttura d’insieme di
notevole fascino, ma ….. mi ritrovai, di nuovo, all’ufficio copie......continua
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