Libero - posta prioritaria del 28 aprile 2010
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Io c’ero, “quel” 25 aprile. Giovane, attenta e fiduciosa mi proponevo di cancellare l’incubo della guerra in un tripudio d’amore e di ritrovata fratellanza. Le truppe americane, mai abbastanza benedette, avevano riconquistato palmo a palmo un territorio ostile, lasciando in questa terra straniera la loro vita e i loro sogni.I Partigiani veri, potevano finalmente ricongiungersi alle famiglie e ricostruire un’Italia certamente migliore, finalmente riunita anche nell’amore del ritrovarsi. Di quel periodo, credo di aver rimosso parecchie cose che non potevano rimanermi nell’anima senza distruggerla.
Vendette, ritorsioni, ancora morti e odio, prima di poter riassestare la quotidianità in un normale percorso. Non sono in grado di parlare lucidamente, con obiettività di quel periodo funestato da rivelazioni orrende su campi di sterminio e su crimini di inenarrabile ferocia.
Per sempre, invece, rimane indelebile il volto di un ragazzo qualunque che si è trovato sulla strade di alcune truppe tedesche in fuga. Assieme ad altri coetanei è stato caricato sulle camionette in fuga e di lì a poco è stato fatto scender con i coetanei. Obbligati e scavare la fossa sono stati falciati da raffiche di mitra con odio indicibile.
Lasciati nella buca scoperta sono stati poi fotografati. Ancora ragazzi (che, nella notte, erano stati derubati delle scarpe) giovani inermi stroncati da sentimenti che non capivano.
Non ho altri ricordi di “quel” 25 aprile. Mentre molti festeggiavano …. molti, ancora morivano ed è rimasto nei miei occhi di giovanetta confusa e attonita qualcosa che mi avrebbe segnata per sempre.
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