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Trascrivo per voi la lettera della poetessa Elena Alberti Nulli evidenziando le perle che costellano questo suo cielo di Natale.--------------------------------------------------
Quella tavola apparecchiata per quattordici
Giornale di Brescia lunedì, 21 dicembre 2009
Meno male. Non ne poteva proprio più. Le "Feste" andavano bene quando lei era una ragazzina con il manicotto di pelliccia e i suoi quindici anni passavano per corso Goffredo Mameli sotto la neve che cadeva abbondante a stelle, a farfalle, a cristalli e la Pallata aveva la fontana coi candelotti che erano guglie di una cattedrale a testa in giù. La neve non mancava mai e scendeva a dondolarsi e sciogliersi sulle sue guance di primavera. Allora il Natale era santo e le cantava dentro con la voce degli angeli e dei pastori.
Lei ricorda benissimo le Feste nel grande palazzo, la sua casa nella Brescia antica, il giardino nascosto che le appariva, come un miracolo, ogni volta che apriva il portone. "I bresciani sono come la loro città - recitava a sé stessa - la Brescia dura del ferro che nasconde, dietro i portoni, la leggerezza allegra dei giardini". E a Natale il suo giardino, tutto bianco e luminoso nel riverbero dei lampioni, si spalancava agli zampognari d'Abruzzo "Astro del Ciel / Stille Nacht / Tu scendi dalle stelle" suoni e canti che erano chilometri di tenerezza da portarsi dentro per tutta la vita.
Le Feste toccavano il cielo con le dita quando "lui" arrivava a sussurrarle buon Natale amore mio e improvvisamente il pavimento della stanza diventava gommapiuma, prato, tappeto. Erano innamorati e i loro ginocchi si sfioravano sotto la tovaglia mentre le campane del Duomo, della Pace, di Sant'Agata e di San Faustino suonavano tutte insieme, solamente per loro, la gioia infinita di essere in due su questa terra.
Era bello a Natale il peso sacro dei figli, i camicini ricamati, i golfini sferruzzati con la lana rossa, soffici e corti tanto così, da mettere sul presepio vicino a Gesù perché li benedicesse. Non c'è niente da dire, era bello.
È così la vecchiaia? Le Feste adesso le danno sui nervi. I posti vuoti. Tutti i posti vuoti. Le viene voglia di gridare, di cadere, di andarsene chissà dove, ma non può né gridare, né cadere, né andare chissà dove. Lei, finché ha la testa a posto, deve dire Tutto bene. Tutto occhèi. Ci mancherebbe. I suoi "ragazzi" ne hanno già abbastanza di mogli e mariti e figli e cellulari. Ci mancherebbe che anche lei, vecchia signora, non consentisse ai figli di passare il Natale dove vogliono, con chi vogliono. Ci mancherebbe.
Ma quest'anno si è divertita a giocare con le Feste. Ha preparato nella sala grande, quella con il poggiolo che sorveglia corso Magenta, una tavolata tutta oro giallo, tovaglia oro giallo, tovaglioli oro giallo, fiori oro giallo. Posate d'argento, candelieri d'argento. Quattordici posti. I tovaglioli, piegati come canne d'organo e aperti a ventaglio nel bicchiere (non è di classe ma è un colpo d'occhio di estrema dolcezza) dondolano buffi e felici. Lei ogni tanto li tira su se si afflosciano da una parte o dall'altra. A centro tavola si accende una marmitta di arance.
Le amiche, la portinaia, il fiorista e il prevosto restano a bocca aperta:- Ma che meraviglia!
- Sì, stasera li ho qui tutti. Dalla Vigilia all'Epifania Lei li ha "qui" tutti.
- Nei prossimi giorni, sparecchiare sarà una sciocchezza, niente da lavare, niente panni stesi, solo un colpo di ferro ai tovaglioli. Che meraviglia.
Elena Alberti Nulli - Monticelli Brusati
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