4/a puntata Nei
fine settimana del mese di ottobre, andavo con la nonna sulle colline
dell’entroterra gardesano dove abitava, per approvvigionarci di quella legna
leggera che serviva per accendere il camino. Nonna portava una borsina con una
bottiglia d’acqua e del pane biscottato. Raccoglievamo anche legna di vigna e
ne facevamo piccole fascine che lasciavamo in un posto segreto da dove il nonno
le prelevava con la carriola.
E in giornate fredde come queste, la nonna usava
un po’ di quella legna per scaldare il latte della colazione che io facevo, sempre
avida e felice. Ma, talvolta dal pentolino posato sul trepiede di ferro sulla
fiamma nel camino, il latte “andava di sopra” e quell’odore che oggi mi sembra
profumo, disturbava la nonna, e mi faceva scoppiare in allegre risate. Oggi
nella moderna cucina linda io, nonna a mia volta, ripenso al tempo andato di
cui ricordo il sereno scorrere… fino a quel maledetto 1940 che ci ha trascinati
nell’orrore e nella paura.
E
intanto i ricordi tornano anche al mondo del lavoro perché ho omesso di
raccontare che alla fine della terza media, prima di presentarmi al commercialista
di cui vi ho narrato, ho lavorato un paio di mesi presso la responsabile di un
Ufficio Postale periferico. Era stata la mamma a darsi da fare per offrirmi
questa opportunità perché, ambiva al posto sicuro, alla garanzia dello
stipendio e preferiva non dover augurare lunga vita al mio datore di lavoro.
Insomma, mirava al posto statale,ma alla fine del primo mese di lavoro – mentre
le impiegate ritiravano lo stipendio, a me venne fatta una carezza : “Tu lo sai
vero che sei qui perché ho voluto compiacere la tua mamma, e sai anche che imparare un lavoro è un evento
di cui profittare con gioia. Se tra tre mesi avrai assorbito bene il lavoro,
metterò una buona parola per la tua assunzione.” Non mi ripresentai più al
lavoro e fu un dolore per la mia mamma.
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5/a puntata
Nella nostra bellissima
Piazza Duomo in Brescia aprì, nel dopoguerra, la velocemente rinomata gelateria
Pragiarone. La gelateria era uno dei lussi che andavano a sostituire il furgoncino
con l’uomo che gridava “GELAT!”. Non frequentatissimo all’inizio, ricordo che eccezionalmente io e il mio
giovane fidanzato vi abbiamo gioiosamente sostato. I tavolini erano quadrati,
non grandi e di marmo e il gelato veniva servito il conchiglie di porcellana
bianchissina, caratteristiche. Non so perché ne parlo oggi, ma credo sia perché
rimpiango i negozi e i negozianti che nel tempo e nella frequentazione,
diventavano ottimi conoscenti e, talvolta, amici.
Il fornaio che spandeva il
buon profumo del pane appena sfornato, fin sulla strada; Il fruttivendolo che
capitava mi dicesse: “Signora, ho ordinato i tapinambur , me li portano domani.
Gliene tengo un po’?”(ricordando fin dalla stagione precedente che ne ero
golosa) La drogheria, con i grandi vasi di leccornìe e di rare specialità e la
merceria dove trovavi di tutto per ricamare, per confezionare e per rammendare
perché amici miei UDITE UDITE c’ stato un tempo in cui si rammendava ! Incroyable,
mais c’esta ça.
Si rimagliavano perfino le
prime, lucidissime calze di naylon. L’amica che le rimagliava in casa per racimolare
qualche spicciolo era anche espertissima a mettere (negli anni di guerra e fino
al 1947 e successivi) le toppe sui pantaloni e sostituiva i battitacchi che
riparavano dall’usura i pantaloni stessi contro le scarpe. Erano gli stessi
anni in cui la Vespa e la Lambretta davano un senso di potenza e rendevano
percorribili le strade del mondo ! Era la stagione dei miei, comunque
meravigliosi vent’anni. Ho fatto il giro delle Dolomiti in Vespa e mai più tour
è stato così affascinante. ………….
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