pubblicato dal giornale di Brescia il 2 gennaio 2009.
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Abbiamo trascorso giornate in cui la trasgressione (quando possibile) era d’obbligo però tendendo l’orecchio all’eco di crisi e di nebbiose previsioni, mi chiedo : “Torna il tempo delle formichine ?” Io lo ricordo bene perché quella esigenza di oculatezza e rifiuto dello spreco, impreziosiva qualunque piccola conquista.
I mandarini a Natale, la banana per papà che (cagionevole di salute) mangiava pochissimo, il caffelatte per cena, la frutta solo la domenica, mentre le “fritture di latte” (impanate e dorate in pochissimo burro) erano l’apoteosi. Tutto misurato, equamente distribuito e gioiosamente apprezzato.
Devo ammettere che mi si è appiccicata addosso l’utilità del riciclare, l’opportunità dell’organizzare i consumi e di riservare la trasgressione alle occasioni speciali. E oltre a ciò l’obbligo imprescindibile della solidarietà che la gioia della condivisione.
Forse è nata in quel periodo la mia tendenza a guardare con tanta speranza al futuro e a proiettarmi in un miglior divenire, a non rimpiangere. Mi accorgo però che – se è vero che non indulgo ai rimpianti, è altrettanto vero che ho conservato intatti i ricordi che ho tradotto in mòniti.
Quando sono arrivati i giorni del benessere ho guardato con profonda amarezza allo spreco, alla leggerezza colpevole di certi atteggiamenti al “troppo” senza regole. E ripenso alla mamma che sturava una bottiglia di vino (tappo sughero) inaspettatamente, per invitare papà e l’intera famiglia ad apprezzare l’affetto che ci univa e il benessere (ancora scarsino) che ci circondava.
Tra le preghiere della sera, veniva inserito quotidianamente l’ augurio di buona salute per “il datore di lavoro di papà”. Un po’ egoistica, ma sempre opportuna.
In famiglia si ribadiva che niente ci era dovuto e tutto era frutto di impegno e di laboriosità. Bei tempi ? Forse no, ma certamente al loro interno c’è qualcosa da ripristinare. O sbaglio ?. r.m.
I mandarini a Natale, la banana per papà che (cagionevole di salute) mangiava pochissimo, il caffelatte per cena, la frutta solo la domenica, mentre le “fritture di latte” (impanate e dorate in pochissimo burro) erano l’apoteosi. Tutto misurato, equamente distribuito e gioiosamente apprezzato.
Devo ammettere che mi si è appiccicata addosso l’utilità del riciclare, l’opportunità dell’organizzare i consumi e di riservare la trasgressione alle occasioni speciali. E oltre a ciò l’obbligo imprescindibile della solidarietà che la gioia della condivisione.
Forse è nata in quel periodo la mia tendenza a guardare con tanta speranza al futuro e a proiettarmi in un miglior divenire, a non rimpiangere. Mi accorgo però che – se è vero che non indulgo ai rimpianti, è altrettanto vero che ho conservato intatti i ricordi che ho tradotto in mòniti.
Quando sono arrivati i giorni del benessere ho guardato con profonda amarezza allo spreco, alla leggerezza colpevole di certi atteggiamenti al “troppo” senza regole. E ripenso alla mamma che sturava una bottiglia di vino (tappo sughero) inaspettatamente, per invitare papà e l’intera famiglia ad apprezzare l’affetto che ci univa e il benessere (ancora scarsino) che ci circondava.
Tra le preghiere della sera, veniva inserito quotidianamente l’ augurio di buona salute per “il datore di lavoro di papà”. Un po’ egoistica, ma sempre opportuna.
In famiglia si ribadiva che niente ci era dovuto e tutto era frutto di impegno e di laboriosità. Bei tempi ? Forse no, ma certamente al loro interno c’è qualcosa da ripristinare. O sbaglio ?. r.m.
complimenti davvero muccina, baci A
RispondiEliminaMia madre è emiliana e mio padre ligure: ho imparato la parsimonia da mamma e la generosità da papà, tanto per sfatare i detti comuni...
RispondiEliminaNe vengo quindi da una scuola di economia e di attenzioni abbastanza tosta, ma dopo che sono diventata "autonoma" ho dovuto anche imparare a lasciarmi dietro alle spalle quel modello, perchè mi sentivo... inadeguata. Non che io sia diventata una sprecona, ma un pochino più disinvolta nella giungla del consumismo, sì.
E adesso è pur vero e necessario che devo riprendere parte di ciò che mamma faceva e fa abitualmente, perchè così ha da essere.
Non sarà difficile: essendo rimasta legata alla vita agricola, tante fronzoli per la testa non ce li ho, per cui sono e sarò tra quelli che seguiranno i tuoi consigli!
P.S.: il tuo cognome è per caso Mucci? Se sì ti spiegherò...
Ciao ALIZA. un abrazo largo todo el dia. muccina
RispondiElimina---------------------------------
Ciao PIA, Ho sempre sostenuto che la trasgressione è il sale della vita e mi amareggia la tirchieria almeno quanto lo spreco e la stupida ostentazione.La tua mamma e il tuo papà ti hanno fornito rispettivamente, qualcosa da ricordare. I fronzoli sono ben poca cosa.Rispondo alla tua ultima domanda. Mi chiamo MUCCI e il "mi babbo" era toscano.Era lui che mi chiamava muccina.
Dunque... Mia mamma proviene dall'Appennino tosco-emiliano e una sua sorella era sposata Mucci, quindi ho cugini che portano il tuo stesso cognome, peraltro così numerosi in quel di Sanremo, perchè provetti fabbricanti, a suo tempo, di cesti di canna per spedire i fiori.
RispondiEliminaParlo di luoghi di provenienza posti tra Pistoia e Porretta Terme, nello specifico frazioni minori, tipo Suviana, Badi, Treppio, Pavana, Camugnano ecc ecc.
Conosci quei posti?
Sono ancora in tempo ...
RispondiElimina.
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Auguri
befana
bresciana
Ciao Massimo, alle giovani signore, gli auguri si fanno per stuzzicare, ma a me che ne ho sacrosanto diritto, nessuno li fa più ! Avevo lucidato ben bene la scopa, ma non ho preso il volo proprio perchè ero scoraggiata. Poi...finalmente ... Il Massimo! Grazie, davvero di cuore. muccina.
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