Pubblicato da LIBERO il 22 gennaio 2009
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Il 7 dicembre 2008 Ermanno Frassoni, Direttore de l’Angolo del Webmaster, mi chiede di scrivere un pezzo per il suo “Angolo”senza indicarmi un argomento. Sul mio e sul suo Blog si stabilisce che lo scritto compaia – in contemporanea – il 20 gennaio 2009.
Il 7 dicembre 2008 Ermanno Frassoni, Direttore de l’Angolo del Webmaster, mi chiede di scrivere un pezzo per il suo “Angolo”senza indicarmi un argomento. Sul mio e sul suo Blog si stabilisce che lo scritto compaia – in contemporanea – il 20 gennaio 2009.
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E’ il nostro primo contatto e non vorrei deludere il giovane, entusiasta Direttore dell’Angolo, ma oggi mi frullano in testa pensieri non proprio sereni. Leggo inoltre che i suicidi giovanili sono in costante aumento e - pur considerando la realtà di fatti che riflettono la laboriosità, l’impegno e l’efficienza della maggioranza dei giovani – i pensieri aleggiano in quest’ambito negativo, attivando il vortice dei numerosi "perché".
Qualche esperienza, frutto del lungo cammino, mi aiuta a capire almeno che non esiste su fenomeni di questa gravità, una motivazione comune. Ognuno cova per motivazioni soggettive,la sua disperazione che sfocia nell’insano gesto, ma il malessere che li accomuna ha una matrice comune. Il malcontento e l’insofferenza del vivere in una società diversa da quella che sognavano è senz’altro alla base ma, indica anche che si trovano ad affrontare la quotidianità del vivere, con scarsa preparazione.
E torna quindi alla ribalta il “concorso di colpa” di chi, fino dalla culla, favorisce il consolidarsi di aspettative eccessivamente rosee. Non è la prima volta che sostengo la necessità di contrapporre decisi “no” ad alcune infantili richieste. Perché i “no” sono formativi in quanto evitano l’impatto improvviso con i “no” che i bambini prima e i ragazzi poi, incontrano fuori dall ’àmbito ovattato della famiglia.
E torniamo alla necessità di rispettare imprescindibili valori. Niente è dovuto, l’impegno é indispensabile al conseguimento dei risultati, le delusioni sono dietro l’angolo e cadere è quasi normale, ma risollevarsi è indispensabile. Questo però da subito, da primo vagito.
Consentire ai bimbi di desiderare, di meritare, di attendere. Guardiamoci dal prevenire – per un malinteso senso d’amore – i loro desideri e abituiamoli ad orientare le aspettative valutando anche le inevitabili difficoltà del percorso. Questo li metterà in condizione di non considerare la vita una specie di gioioso Gardaland nel quale li attendono solo emozioni positive.
Certamente questo non risolverà il problema del grave disagio giovanile, ma arginando le aspettative si rafforzerà la loro resistenza agli urti di una realtà, non sempre benevola. Io direi di non scartare a priori ciò che il contenuto dei concetti esposti mette in luce. Almeno, consideriamoli. r.m.
Qualche esperienza, frutto del lungo cammino, mi aiuta a capire almeno che non esiste su fenomeni di questa gravità, una motivazione comune. Ognuno cova per motivazioni soggettive,la sua disperazione che sfocia nell’insano gesto, ma il malessere che li accomuna ha una matrice comune. Il malcontento e l’insofferenza del vivere in una società diversa da quella che sognavano è senz’altro alla base ma, indica anche che si trovano ad affrontare la quotidianità del vivere, con scarsa preparazione.
E torna quindi alla ribalta il “concorso di colpa” di chi, fino dalla culla, favorisce il consolidarsi di aspettative eccessivamente rosee. Non è la prima volta che sostengo la necessità di contrapporre decisi “no” ad alcune infantili richieste. Perché i “no” sono formativi in quanto evitano l’impatto improvviso con i “no” che i bambini prima e i ragazzi poi, incontrano fuori dall ’àmbito ovattato della famiglia.
E torniamo alla necessità di rispettare imprescindibili valori. Niente è dovuto, l’impegno é indispensabile al conseguimento dei risultati, le delusioni sono dietro l’angolo e cadere è quasi normale, ma risollevarsi è indispensabile. Questo però da subito, da primo vagito.
Consentire ai bimbi di desiderare, di meritare, di attendere. Guardiamoci dal prevenire – per un malinteso senso d’amore – i loro desideri e abituiamoli ad orientare le aspettative valutando anche le inevitabili difficoltà del percorso. Questo li metterà in condizione di non considerare la vita una specie di gioioso Gardaland nel quale li attendono solo emozioni positive.
Certamente questo non risolverà il problema del grave disagio giovanile, ma arginando le aspettative si rafforzerà la loro resistenza agli urti di una realtà, non sempre benevola. Io direi di non scartare a priori ciò che il contenuto dei concetti esposti mette in luce. Almeno, consideriamoli. r.m.
E' difficile commentare un post che dice già molte cose sull'argomento.
RispondiEliminaMi preoccupa il fenomeno in quanto "soggettivo", ovvero relegato alla propria individualità, resa così fragile da un insieme di fattori lunghi da elencare.
Sevono naturalmente i "sì" e i "no", serve soprattutto trasmettere loro che lo schifo che si vedono attorno lo possono evitare e soprattutto combattere, perchè anche noi genitori se non confidiamo nella loro energia non abbiamo, a nostra volta, nessuna speranza.
Insegnare che la luce e dentro di loro, non fuori.
PIA - parole che illuminano il tetro panorama in modo conciso ed efficace. Grazie, cara Pia.
RispondiEliminaMolti suicidi sono di disagio piscologico ma tanti oramai nascono da un disagio concreto che la Società odierna ti crea attorno.
RispondiEliminaNessuna occasione per chi non è figlio di papà o si riduce a fare il coglione al GF9 o simili...
Ed allora forse qualcuno ritiene che invece di stordirsi con alcol e droga sia più dignitoso sparire.
Profondo rispetto per chi fa una scelta tanto drammatica, profondo dolore per una vita spezzata.
Cara Muccina, è un argomento su cui sono stati scritti tanti libri, consigli, terapie di psicanalisi ecc.
RispondiEliminase il problema risale alla fonte, bisogna saperlo affrontare con maggior grinta e rispetto...si sa,quasi tutto dipende dalla "culla- genitori", c'è bisogno di dialogo, ma non sterile, come spesso accade, (con tutto il rispetto per le associazioni di volontariato serie), non basta una telefonata, ci vogliono luoghi in cui accogliere i nostri giovani, parlare onestamente di come si possa affrontare la vita, anche se per molti di loro, c'è davanti il baratro, temo che i motivi siano tanti, quelli che spingono al suicidio, ripeto, la società offre ancora troppo poco, per dare speranza...per elaborare lutti...ma la società siamo noi e dobbiamo necessariamente essere più presenti. Grazie, un abbraccio.
Per DANIELE -Il problema è- come tu accenni-di vaste proporzioni. Io ho soltanto voluto ricordare ai genitori l'alternativa all'eccessiva indulgenza. In sintesi mi pare giusto rinunciare al sorriso di figlio adolescente in favore di una preparazione agli ostacoli che incontreranno nella vita. In famiglia troppi si e nella società troppi no destabilizzano certamente. E' ovvio che anche un individuo preparato alla lotta può sentirsi sostanzialmente demotivato. Grazie, caro Daniele.
RispondiElimina----------------------------------
Cara RIRI, dopo la condivisione sul tema di una buona formazione sei passata al conforto che il volontariato cerca di fornire quando il disagio è ormai conclamato. Io mi ero fermata all' apporto genitoriale che dovrebbe essere imprescindibile. I bambini vengono sballottati dalla piscina alla scuola ma il vero relax che li aiuti a sviluppare la fantasia spesso è totalmente assente. Mancano,i cortili, i luoghi di aggregazione, onesti.Anche nel tuo passaggio successivo trovo sacrosante le tua affermazioni. giudizio. Ti abbraccio forte. muccina