L’argomento è veramente “light” (o se preferite, leggero) Sento con una certa frequenza espressioni di malcontento riferite all’uso di vocaboli inglesi nel linguaggio giornalistico e commenti decisamente irritati, come questo: “Di questo passo, ci sentiremo stranieri… a casa nostra; ormai quando leggo un giornale devo tenere a portata di mano il vocabolario d’inglese.”
E’ vero che l’impostazione giornalistica indulge nell’uso di termini inglesi che possono suscitare perplessità, ma l’eccessivo risentimento suscitato mi ha portato a fare alcune considerazioni. Prendiamo il termine “blister” come lo traduciamo? “involucro per pastiglie separate l’una dall’altra?” e feeling? hamburger?
Forse è più semplice non ostacolare l’uso di quelle parole straniere che si avviano a diventare di uso spontaneamente quotidiano come è avvenuto per garage, pedicure, cardigan, coaffeur, abatjour e tante altre. A chi reagisce accalorandosi e tentando di coinvolgerci, possiamo rispondere con un laconico “no comment” sicuri, comunque, di essere compresi.
La possibilità di scelta rimane ed è, oltre che soggettiva, soprattutto libera . .r.m.
E’ vero che l’impostazione giornalistica indulge nell’uso di termini inglesi che possono suscitare perplessità, ma l’eccessivo risentimento suscitato mi ha portato a fare alcune considerazioni. Prendiamo il termine “blister” come lo traduciamo? “involucro per pastiglie separate l’una dall’altra?” e feeling? hamburger?
Forse è più semplice non ostacolare l’uso di quelle parole straniere che si avviano a diventare di uso spontaneamente quotidiano come è avvenuto per garage, pedicure, cardigan, coaffeur, abatjour e tante altre. A chi reagisce accalorandosi e tentando di coinvolgerci, possiamo rispondere con un laconico “no comment” sicuri, comunque, di essere compresi.
La possibilità di scelta rimane ed è, oltre che soggettiva, soprattutto libera . .r.m.
..buongiorno alla nottambula o supermattiniera Renata...:-)
RispondiEliminaMolto interessante l'argomento che proponi e concordo, per grandi linee, su ciò che dici.
A volte è certamente difficile trovare la traduzione, in una sola parola italiana, di qualche termine inglese, ma è altrettanto vero, che, a volte, il termine italiano ci sarebbe pure (ma a quest'ora del mattino, in verità, non me ne viene in mente, nemmeno uno...:-))...
Colgo l'occasione per ricordare, che in questa epoca, dove "tutti" sappiamo l'inglese,MOLTI SBAGLIANO PENOSAMENTE, apponendo nei negozi, improponibili cartelli con scritto NON-STOP, invece dell'esatto NO-STOP (l termine "non" in inglese non esiste...quindi...)
Un saluto affettuoso
Arianna
Per consolare gli incosolabili puristi della lingua italiana, gli possiamo ricordare che parole come pasta, pizza, e bravo, sono utilizzate in tutto il mondo !!!
RispondiEliminaCiao, cara Arianna. Giusta la tua osservazione da accostare all'abuso di quella esse finale usata spesso a sproposito dai molti che non si preoccupano di conoscerne l'esatto significato che nemmeno io conosco.Un besito's.
RispondiEliminaCiao Calendula! Giusta osservazione, E poi....saperne di più con il minimo impegno....non è sempre una buona cosa ? Buona domenica e grazie.
RispondiEliminaCalendula, devi smetterla di dire le stesse cose che penso io..
RispondiElimina:-)
Buona Domenica a tutti.