Giornale di Brescia del 9 sett.2008
Bresciaoggi...................13 ott. 2008
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Si compie in questi giorni il 200° anno dalla fondazione dell’Ordine delle Canossiane e ciò mi spinge aricordare grande educatrice.
Madre Savoldi. Insegnante di italiano,storia e geografia, suora canossiana, indimenticata Maestra di vita. Il ricordo di Lei che costantemente e quasi quotidianamente riaffiora, mi sprona a renderLe omaggio.
Fisicamente era, ai miei occhi, il Don Camillo al femminile. Alta, snella, dava però la sensazione della robustezza fisica; l’uniforme nera e marrone dell’Ordine delle Canossiane era estremamente garbata e si completata (a quei tempi 1940/45) con una cuffietta nera, rigida che copriva le orecchie e terminava in alto con quattro cannoncini che avrebbero dovuto conferire grazia, ma sembrava che Lei la indossasse sempre troppo in fretta e distrattamente.
Aveva piedi grandi calzati in nere scarpe basse, mascoline e stringate. Il colorito pallido, proprio dei “topi di biblioteca”, il viso ovale, le labbra sottili avevano poca familiarità col sorriso e gli occhiali rotondi con una essenziale montatura in metallo chiaro (alla Cavour) conferivano al Suo penetrante sguardo un magnetismo carismatico.
Camminava con passi lunghi e quando si avvicinava per affrontare direttamente l’interlocutore (nella fattispecie noi ragazze) sembrava sovrastarle provocando un rispettoso, reverenziale atteggiamento. Ma soprattutto fissava, sempre, direttamente negli occhi riuscendo ad esigere – tacitamente – il massimo dell’attenzione.
Era, senza saperlo, depositaria di un magnetismo al quale nessuno desiderava sottrarsi, tanto è vero che porsi all’ascolto delle Sue attese lezioni era - per me e per molte che ancora la ricordano con incontaminata ammirazione – un privilegio.
C’era in Lei (alla quale ancora oggi mi rivolgo usando istintivamente la maiuscola) l’arte rara del coinvolgere, riuscendo a fare – dell’ascoltatore – un fan. Per me, la consultazione del programma settimanale delle lezioni era improntata sulla ricerca delle ore che prevedevano il suo intervento perché erano ore di genuino godimento e di partecipazione assoluta.
Le Sue parole erano accolte in un silenzio quasi palpabile…il mondo esterno esiliato, le menti avide, l’attenzione totale. Qualunque argomento che si presentasse ostico, sgradevole, difficile, poco assimilabile diventava – elaborato dalle sue spiegazioni – facile, gradevole, appassionante. Iliade, Odissea, Divina Commedia e…i Poeti.
Lei riusciva a collocarli nelle nostre giovani menti in posizione privilegiata in modo che alla fine, dopo le sue appassionate indagini per scavare nelle intenzioni più segrete dell’autore…alla fine…noi li amavamo! Quel suo seminare appassionato e appassionante ha dato frutti di perenne fioritura.
Spesso, quando mi vedeva disturbata dagli eventi che – nel particolare contesto di quegli anni di guerra – si verificavano in ogni ambito, Lei prendeva posto sulla seggiola e scostava le ginocchia l’una dall’altra, dava (con la sua grande mano) un colpo deciso alla gonna, tendeva le braccia e – prendendo le mie mani tra le sue – mi collocava in piedi davanti a Lei facendomi posto tra le sue ginocchia e mi invitava a liberarmi dei miei crucci con un semplice : “Racconta!”…e con i Suoi opportuni, orientativi interventi…mi regalava la serenità.
Sarebbe certamente contenta di sapere che, spesso, nei momenti nei quali la vita impone un qualche dolore e la mente ha bisogno di un rifugio nel quale ritrovare lucidità…in quei momenti me la ritrovo accanto.
Mi prende per mano e come allora racconta “I cipressi che da Bolgheri, alti e schietti vanno a S.Guido in duplice filar…” o mi ricorda Giacomo Zanella che ispirandosi ad una conchiglia fossile posata sopra un libro di poesie compose un’ode stupenda.
E io che conservo – senza merito – intatta memoria spesso mi ripeto i versi della sempre attualissima Sant’Ambrogio del Giusti e apprezzo, come Lei mi ha insegnato, le sfumature, le pause, i significati espressi e quelli soltanto intuibili.
Cara, carissima Madre Savoldi...severa e comprensiva, intransigente e tollerante senza essere in contraddizione; dotata di una capacità di penetrazione nel cuore altrui che le consentiva di adattare i comportamenti alle situazioni e agli stati d’animo delle Sue amatissime allieve.
Erano poi, sempre presenti, le essenziali, puntigliose norme di vita, gli insegnamenti validi, gli orientamenti di base.
“Se non vuoi osservazioni…mettiti in condizione di non fartene fare!”
“ Se sarai tu a dare di più sarà soltanto perché sei più dotata e la tua disponibilità ti aiuterà a dire grazie per i maggiori doni che hai ricevuto”
“Quando vedi la sofferenza, non guardare da un’altra parte”
“Quando porgi un aiuto materiale…aggiungi sempre un sorriso, uno sguardo attento e partecipe”.
Grazie, cara Madre Savoldi. Grazie per essere passata dolcemente nella mia vita e grazie per avermi insegnato a guardare…cercando sempre di vedere. r.m.
Bresciaoggi...................13 ott. 2008
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Si compie in questi giorni il 200° anno dalla fondazione dell’Ordine delle Canossiane e ciò mi spinge aricordare grande educatrice.
Madre Savoldi. Insegnante di italiano,storia e geografia, suora canossiana, indimenticata Maestra di vita. Il ricordo di Lei che costantemente e quasi quotidianamente riaffiora, mi sprona a renderLe omaggio.
Fisicamente era, ai miei occhi, il Don Camillo al femminile. Alta, snella, dava però la sensazione della robustezza fisica; l’uniforme nera e marrone dell’Ordine delle Canossiane era estremamente garbata e si completata (a quei tempi 1940/45) con una cuffietta nera, rigida che copriva le orecchie e terminava in alto con quattro cannoncini che avrebbero dovuto conferire grazia, ma sembrava che Lei la indossasse sempre troppo in fretta e distrattamente.
Aveva piedi grandi calzati in nere scarpe basse, mascoline e stringate. Il colorito pallido, proprio dei “topi di biblioteca”, il viso ovale, le labbra sottili avevano poca familiarità col sorriso e gli occhiali rotondi con una essenziale montatura in metallo chiaro (alla Cavour) conferivano al Suo penetrante sguardo un magnetismo carismatico.
Camminava con passi lunghi e quando si avvicinava per affrontare direttamente l’interlocutore (nella fattispecie noi ragazze) sembrava sovrastarle provocando un rispettoso, reverenziale atteggiamento. Ma soprattutto fissava, sempre, direttamente negli occhi riuscendo ad esigere – tacitamente – il massimo dell’attenzione.
Era, senza saperlo, depositaria di un magnetismo al quale nessuno desiderava sottrarsi, tanto è vero che porsi all’ascolto delle Sue attese lezioni era - per me e per molte che ancora la ricordano con incontaminata ammirazione – un privilegio.
C’era in Lei (alla quale ancora oggi mi rivolgo usando istintivamente la maiuscola) l’arte rara del coinvolgere, riuscendo a fare – dell’ascoltatore – un fan. Per me, la consultazione del programma settimanale delle lezioni era improntata sulla ricerca delle ore che prevedevano il suo intervento perché erano ore di genuino godimento e di partecipazione assoluta.
Le Sue parole erano accolte in un silenzio quasi palpabile…il mondo esterno esiliato, le menti avide, l’attenzione totale. Qualunque argomento che si presentasse ostico, sgradevole, difficile, poco assimilabile diventava – elaborato dalle sue spiegazioni – facile, gradevole, appassionante. Iliade, Odissea, Divina Commedia e…i Poeti.
Lei riusciva a collocarli nelle nostre giovani menti in posizione privilegiata in modo che alla fine, dopo le sue appassionate indagini per scavare nelle intenzioni più segrete dell’autore…alla fine…noi li amavamo! Quel suo seminare appassionato e appassionante ha dato frutti di perenne fioritura.
Spesso, quando mi vedeva disturbata dagli eventi che – nel particolare contesto di quegli anni di guerra – si verificavano in ogni ambito, Lei prendeva posto sulla seggiola e scostava le ginocchia l’una dall’altra, dava (con la sua grande mano) un colpo deciso alla gonna, tendeva le braccia e – prendendo le mie mani tra le sue – mi collocava in piedi davanti a Lei facendomi posto tra le sue ginocchia e mi invitava a liberarmi dei miei crucci con un semplice : “Racconta!”…e con i Suoi opportuni, orientativi interventi…mi regalava la serenità.
Sarebbe certamente contenta di sapere che, spesso, nei momenti nei quali la vita impone un qualche dolore e la mente ha bisogno di un rifugio nel quale ritrovare lucidità…in quei momenti me la ritrovo accanto.
Mi prende per mano e come allora racconta “I cipressi che da Bolgheri, alti e schietti vanno a S.Guido in duplice filar…” o mi ricorda Giacomo Zanella che ispirandosi ad una conchiglia fossile posata sopra un libro di poesie compose un’ode stupenda.
E io che conservo – senza merito – intatta memoria spesso mi ripeto i versi della sempre attualissima Sant’Ambrogio del Giusti e apprezzo, come Lei mi ha insegnato, le sfumature, le pause, i significati espressi e quelli soltanto intuibili.
Cara, carissima Madre Savoldi...severa e comprensiva, intransigente e tollerante senza essere in contraddizione; dotata di una capacità di penetrazione nel cuore altrui che le consentiva di adattare i comportamenti alle situazioni e agli stati d’animo delle Sue amatissime allieve.
Erano poi, sempre presenti, le essenziali, puntigliose norme di vita, gli insegnamenti validi, gli orientamenti di base.
“Se non vuoi osservazioni…mettiti in condizione di non fartene fare!”
“ Se sarai tu a dare di più sarà soltanto perché sei più dotata e la tua disponibilità ti aiuterà a dire grazie per i maggiori doni che hai ricevuto”
“Quando vedi la sofferenza, non guardare da un’altra parte”
“Quando porgi un aiuto materiale…aggiungi sempre un sorriso, uno sguardo attento e partecipe”.
Grazie, cara Madre Savoldi. Grazie per essere passata dolcemente nella mia vita e grazie per avermi insegnato a guardare…cercando sempre di vedere. r.m.
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